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Ora Silvio ignora i giudici che volevano distruggerlo

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Inrealtà, a resistere con tenacia all'assalto della magistratura di lotta e di governo, nonché al circo mediatico-giudiziario, è stato Silvio Berlusconi, che alla nuova Fiera di Roma ha celebrato il trionfo della sua guerra di liberazione contro la via giudiziaria alla gioiosa macchina da guerra e, quindi, all'Ulivo. Su di lui, 15 anni di disumana pesca a strascico per cercare qualcosa che non hanno trovato, semplicemente perché non c'era: il rozzo pm Di Pietro minacciò addirittura di «sfasciarlo» e, invece di essere cacciato dal consesso civile, fu candidato da D'Alema al Mugello. Versus Berlusconi oltre 500 accessi nelle sue aziende, più di trecento rogatorie internazionali, una miriade di indagini fondate sul nulla, talora terribilmente infamanti. In Italia, grandi aziende celavano miliardi di fondi neri sotto il pavimento - proprio come le nostre nonne - altre preparavano crack epocali, eppure l'attenzione della magistratura rimase ossessivamente puntata soltanto su Berlusconi, i suoi collaboratori, Fininvest, Forza Italia. Nel novembre 1994, mentre presiedeva il meeting internazionale sulla criminalità organizzata, patrocinato dall'Onu, il pool di Milano pensò di distruggerlo, facendogli pervenire, peraltro a mezzo «Corriere della Sera», un invito a comparire, che fece scalpore e danneggiò l'Italia in tutto il mondo, sino alle isole Figi. Quell'avviso di garanzia non era neppure dovuto, trattandosi di forzatura bella e buona, visto che la Cassazione, nel 2001, assolse con formula piena. Nessuno, nel 1996-1997, biennio della annunciata soluzione finale sull'anomalìa berlusconiana, avrebbe scommesso una lira sulla capacità di Silvio di reggere la valanga inquisitoria, forcaiola e demonizzante. Gli diedero dell'assassino di Falcone e Borsellino, del mafioso, del corruttore, dello psicotico e, addirittura, dentro Mondadori, apparvero libri per ragazzi, dove il moderno orco, sintesi di ogni malvagità e perfidia, somigliava in maniera sin troppo marcata a Berlusconi. Che anche gli stipendiati da Mondadori fossero in prima linea per massacrare il loro datore di lavoro la dice lunga sull'ingaggio impossibile di resistere all'assedio concentrico di magistratura e mass media, Rai in testa, ma senza dimenticare le stesse reti Mediaset, che remarono quasi sempre contro. Dall'«Infedele» di Gad Lerner provennero, proprio come nell'Urss di Breznev, accurate diagnosi sulle gravi, irreversibili malattie mentali del leader di Forza Italia. Intanto, un giudice al di sotto delle parti arrivò a proporre «una commissione d'inchiesta» sul grado di rincoglionimento degli italiani che votarono Berlusconi nel 2001. L'Unità diretta da Furio Colombo fece dell'antiberlusconismo una ragione di vita, producendo cattivo gusto a mezzo stampa mai visto. Ebbene, il 27-29 marzo 2009, dopo tre lustri di resistenza a testuggine, Silvio ha capito d'aver stracciato anche gli avversari togati, tant'è che, per la prima volta, non ha dedicato neppure una proposizione all'annosa persecuzione giudiziaria subita. Infatti, nei due fluenti interventi, di venerdì e domenica scorsi, al congresso fondativo del Pdl, non ha voluto spendere neppure una sillaba su toghe rosse, giustizia politica ad orologeria. Bravo Silvio, inutile maramaldeggiare. Giancarlo Lehner

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