"Fiducia e ottimismo per far ripartire i consumi"
È l'Italia del fare, quella della gente operosa, quella produttiva delle piccole e medie imprese ma anche dei grandi progetti infrastrutturali, ai quali si rivolgono i ministri dell'Economia Giulio Tremonti e dello Sviluppo Economico Claudio Scajola. Dopo l'enunciazione dei valori politici e etici da parte di Berlusconi e Fini, tocca ai ministri economici indicare la strada che il Pdl intende percorrere sui temi del mercato e del lavoro. Entrambi pongono al centro dell'economia l'uomo e condannano l'ideologia del mercatismo spinto, della finanza come dominus rispetto al lavoro e delineano un equilibrio tra pubblico e privato. Ma soprattutto richiamano l'efficacia della speranza e dell'ottimismo per rimettere in moto i consumi e la produzione e indicano un'idea di partito a stretto contatto con la gente. È un'economia etica quella che pongono come stella polare del nuovo Pdl che deve avere «il fare» come fondamenta e come diktat. Non è un caso se su questo concetto la platea applaude con vigore dando il segnale di condividere in pieno. Tremonti mette subito a tacere le Cassandre della sinistra: «Questa crisi non è la fine del mondo, piuttosto è la fine di un mondo dove si pensava che la ricchezza fosse prodotta per magia, tramite la finanza e non con il lavoro». Prospetta uno stato in cui ci sia equilibrio tra pubblico e privato «fusi nell'idea dell'economia sociale di mercato» e alla platea che lo segue attento, nonostante l'ora tarda e la faticosa giornata fitta di interventi, promette che «il governo farà il possibile per non lasciare indietro nessuno». Ma perché l'uscita dal tunnel sia possibile occorre che ci sia la speranza. Tremonti richiama le parole del presidente americano Obama e ne fa lo slogan del Pdl: «Siamo qui riuniti — dice — perché abbiamo scelto la speranza e non la paura». Non nasconde che «i dati dell'economia siano negativi» ma questo non vuol dire negarsi le aspettative future. Ricorda che l'Europa ha riconosciuto che il governo Berlusconi ha messo in campo una politica economica «prudente e saggia». Tremonti si rivolge anche alla sinistra a quell'opposizione che «non c'è» e che invece ci dovrebbe essere per la dialettica della democrazia. E distingue un'opposizione «costruttiva con la quale è possibile il confronto» da quella distruttiva che invece «soffia sul fuoco della crisi sperando che il male dell'Italia produca il loro bene». A questi «apprendisti stregoni» Tremonti ricorda che «la paura è pericolosa e non ha mai prodotto niente di buono». Poi sottolinea il valore del federalismo che «serve per unire e non per dividere e per dare a chi ha meno, ovvero al Mezzogiorno». Un mix di economia e valori invece il discorso di Scajola che affronta anche i temi del rapporto tra Stato e Chiesa. Il responsabile dello Sviluppo Economico ha ricordato le grandi opere che sono state realizzate dal governo, dalla centrale a carbone pulito di Civitavecchia all'alta velocità ferroviaria Milano-Roma, al termovalorizzatore di Acerra, e quelle in agenda a cominciare dal Ponte sullo Stretto fino alle centrali nucleari. «Stiamo affrontando una crisi complessa e il primo dovere — ha detto Scajola — è di mantenere le imprese e i posti di lavoro e insieme garantire reddito a chi il lavoro dovesse perderlo». Ha quindi sottolineato l'importanza di un clima di fiducia affinchè «si continui a investire e consumare». In caso contrario «sarebbe gravissimo deprimere ulteriormente l'economia con più spesa pubblica e più tasse come propone la sinistra in modo irresponsabile». E proprio in questo momento di crisi «lo Stato ha un ruolo fondamentale da svolgere» ma è anche vero che «il mercato va guidato, regolato e stimolato, non soffocato». Scajola pone al centro dell'economia l'uomo «come soggetto di diritti inalienabili» e insiste sul concetto di libertà che «si compie all'interno di una collettività fatta di tradizioni e valori condivisi». Di qui il principio della sussidiarietà «alla base del federalismo». Parlando del Pdl lo configura come un partito «laico ma non laicista, rispettoso della libertà della Chiesa e attento al suo magistero». Boccia il «relativismo etico» e sottolinea come valore fondante del Pdl, quello delle «libertà civili e economiche che pongono al centro l'uomo». Fa intendere che l'unione con Alleanza nazionale non è storia di questi giorni ma ha origini lontane. Scajola ricorda quando con Altero Matteoli preparò le candidature per le politiche del 2001 «andando in giro per l'Italia a scegliere i candidati migliori nei singoli collegi, quelli più adatti a vincere, non quelli di An o di Forza Italia». Già allora, sottolinea il ministro, «eravamo una comunità di valori non una somma di partiti». Ricorda anche quando Berlusconi dichiarò che «se avesse votato a Roma avrebbe scelto come sindaco Fini contro Rutelli». Anche quello un altro passo verso l'unità dei due partiti. Scajola traccia infine la strada del dopo-congresso quando «superata la fase costituente si compirà un processo di partecipazione nella quale ci saranno luoghi di confronto e di selezione della classe dirigente».