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Berlusconi: "L'Italia siamo noi"

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, durante il suo internento al Congresso fondativo del Pdl

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Puntiamo al 51%. Berlusconi non scherzava quando si è fatto scappare quella battuta appena due settimane fa. Era un programma politico. Il programma del Pdl. Un partito che nasce e che punta a rappresentare la gran parte degli italiani. Il Cavaliere apre il primo congresso della nuova formazione politica alla nuova Fiera di Roma e parla direttamente agli italiani, all'Italia profonda, all'Italia cattolica e laica, all'essenza stessa del Paese. Una scaletta curata nei minimi dettagli. Dai cambi delle luci in sala, ai posti delle prime file assegnati da giorni. Dalle immagini trasmesse nei due maxi-schermo, al minutaggio (quasi televisivo) degli interventi. Per non parlare poi della musica, ingrediente fondamentale di tutta la kermesse. Con una play list degna delle grandi occasioni: oltre agli inni ufficiali, c'è anche la celebre «Azzurro» di Adriano Celentano e «Nel blu dipinto di blu» di Domenico Modugno, sotto forma di jingle. Sono circa le 17: suona l'Inno nazionale, subito dopo l'Inno alla gioia cantato da un coro di 100 persone sul megapalco nel padiglione numero otto della Nuova Fiera di Roma. In sala tutti in piedi a cantare. «La soglia del 40% non è un miracolo. Anzi, i nostri sondaggi ci danno al di sopra largamente e lo vedremo nella prova elettorale di giugno delle europee». Il coordinatore nazionale di Forza Italia, Denis Verdini, lancia con entusiasmo la grande kermesse che, domani pomeriggio, consacrerà la nascita del nuovo partito del Popolo della libertà. Molti sono ancora in fila all'entrata: secondo gli organizzatori i numeri sono superiori a qualsiasi aspettativa. Nella sala gremita e con numerose persone in piedi, il clima che si respira è quasi quello di un grande concerto. Di quelli imperdibili per cui si compra il biglietto mesi premi, per non perdere l'occasione, e poter dire «io c'ero». I n sala c'è chi parla di «pagina di storia», chi «di una vera e propria svolta per il Paese». Un clima da stadio che raggiunge l'apice nel momento in cui in sala entra Silvio Berlusconi. Sul palco c'è Annagrazia Calabria, la più giovane deputata del Pdl scelta per fare da madrina al congresso. Manca poco all'ora x, le 18, momento in cui secondo la scaletta, Berlusconi terrà il suo discorso di apertura dei lavori. Nella sala si sentono le note di «Meno male che Silvio c'è», brano diventato negli anni la colonna sonora ufficiale degli incontri pubblici del Cavaliere. Al suo ingresso tutti i delegati si alzano in piedi in un tripudio di applausi tra cori di «Silvio Silvio». I l premier si siede in prima fila accanto ai due presidenti delle Camere, Renato Schifani e Gianfranco Fini. Ma non solo. C'è anche Umberto Bossi, grande sorpresa della giornata di apertura. Già, perché il leader del Carroccio, fino a ieri mattina veniva dato per assente. «Ci sarà solo il ministro Maroni», spiegavano gli organizzatori. «Bossi verrà l'ultimo giorno». Ed invece, il Senatur non solo è stato uno dei primi ad arrivare, ma ha seguito con grande attenzione tutto il discorso di Berlusconi. E non è un caso che, durante il suo intervento, il Cavaliere abbia sottolineato la graditissima presenza di Bossi, «unico vero alleato». La madrina ufficiale – la fatina la definisce qualcuno in sala - sale e scende dal palco, prima di dare alla parola al premier ci sono gli interventi di rito. C'è il saluto ufficiale del sindaco Gianni Alemanno; c'è il discorso del presidente Ppe Wilfried Martens, unico ospite internazionale. Ci sono quattro ragazzi con i loro racconti e le loro testimonianze sul campo. Passa quasi un'ora. E alla fine, tocca a lui. «Sono emozionantissima», dice la fatina Calabria. Lo è così tanto da sbagliare la presentazione: «La parola ora al presidente del ConSilvio». Per la seconda volta standing ovation. Bandiere sventolanti, macchine fotografiche ovunque, telecamere alla ricerca dell'immagine perfetta. Anche lui è visivamente emozionato. E lo ammette subito. Nel suo look classico, abito blu e cravatta in tinta a pois bianchi, il Cavaliere tiene il suo discorso, il primo della tre giorni. Il secondo sarà quello di chiusura, «che avverrà sempre se mi eleggerete», ironizza. Il capo del Governo parla per un'ora e mezza. Ripercorre le varie tappe storiche di Forza Italia, ma non solo. Saluta e ringrazia pubblicamente tutti coloro che come ripete più volte hanno contribuito a costruire questo partito. Lancia qualche stoccata all'opposizione. «Oggi si avvera un grande sogno: la nascita del Popolo della libertà», sono le prima parole, sottolineando l'impronta liberale del nuovo partito, che si candida a raggiungere la maggioranza dei consensi nel paese. A patto che l'azione del governo abbia successo. «La nostra - sottolinea il Cavaliere - è una rivoluzione liberale, borghese e popolare, moderata e interclassista, che colma un vuoto nella storia italiana». Secondo il premier non ci sono alternative al suo esecutivo: «Siamo l'unico governo possibile oggi in Italia». Ci sono anche i sondaggi, quelli veri li definisce il Cavaliere, che danno il Pdl al 43,2%, «ma noi puntiamo al 51%, e possiamo riuscirci». È qui che arrivano i saluti ufficiali, usando parole di stima e di elogio. In particolare, presenta Gianfranco Fini come «un grande leader» e un compagno di strada verso la realizzazione di una pagina di storia. I due si guardano negli occhi e l'immagine che viene trasmessa dai video è quella di un presidente della Camera emozionato: «Grazie, grazie», continua a ripetere l'Inquilino di Montecitorio. Contento Fini, anche quando Berlusconi ricorda il lavoro di Pinuccio Tatarella, il primo ad aver pensato e lavorato per un grande partito dei moderati. Nel suo discorso, il presidente del Consiglio rivendica e difende le scelte fin qui compiute dal governo. In particolare pone l'accento sulla tempestività degli interventi per fronteggiare la crisi economica. «Siamo stati i primi a prendere provvedimenti. Dobbiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo fatto e che dipende dalla coesione del governo». Le accuse alla sinistra «che non ha mai rinnegato il comunismo». L'unico leader che gli aveva acceso qualche speranza era stato Walter Veltroni: «Mi ero illuso, poi si è rivelato un bluff». Tutto sommato, la sinistra resta sempre quella legata al comunismo, e i suoi leader non sono tanto diversi «da quelli dell'epoca di Palmiro Togliatti». Altra accusa lanciata da Berlusconi alla sinistra, quella di antipatriottismo: «Tutti ci ricordiamo delle bandiere degli Stati Uniti e di Israele bruciate nelle piazze o l'oltraggio ai manichini dei nostri martiri di Nassiriya. Noi invece siamo fieri dei nostri soldati». Sono quasi le otto. Il padrone di casa chiude il suo intervento e lo fa chiamando a uno a uno i fondatori sul palco e salutando il presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, anche lui atteso solo per l'ultimo giorno. Comincia con il coordinatore di Forza Italia, Denis Verdini, il ministro della Difesa ed ex reggente di An, Ignazio La Russa per passare al segretario della Dc per le autonomie, Gianfranco Rotondi, ad Alessandra Mussolini leader di Azione sociale, a Stefano Caldoro del Nuovo Psi. E ancora: Sandro Biasotti (Movimento per la Liguria ), Sergio De Gregorio (Italiani nel mondo), Luciano Buonocore (Destra libertaria), Mario Baccini (Cristiano popolari). Infine: Michela Vittoria Brambilla, presidente dell'associazione dei circoli della libertà e Marcello Dell'Utri presidente dei circoli del Buon governo. «Fate un cerchio attorno a me - esorta il premier - per dire insieme grazie a tutti, anche a chi ci ascolta via radio o internet e mandare un saluto dal Popolo della libertà che oggi qui scrive una pagina importante di storia. Auguri perché realizziate i sogni che avete nella mente e nel cuore. Vi voglio bene, vi vogliamo bene». Prima di lasciare la fiera, Berlusconi si ferma qualche minuto nel back-stage del palco: lì c'è una saletta allestita per lui. C'è un via vai di persone che cercano di salutarlo, di fargli i complimenti per il suo intervento. Ma in pochi riescono ad incontrarlo, tra loro La Russa e il ministro Tremonti. Il premier guarda alcuni servizi dei tg nazionali, vuole rivedere il suo intervento. I commenti, raccontano, sono positivi.

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