Il nuovo cristianesimo in politica senza confini
IlPdl no. Il partito che sta nascendo affonda le sue radici nel cattolicesimo democratico, si riconosce in Don Sturzo e De Gasperi. Insomma, non è una Forza Italia allargata semplicemente perché punta a essere davvero maggioritario. Punta al 51% degli italiani. Dunque, la citazione del Papa. Che è una novità nei discorsi del Cavaliere. Anche perché è doppia. Berlusconi prima rivolge un «affettuoso saluto al Pontefice» e poi cita le parole pronunciate da Benedettto XVI «il 28 maggio 2008, pochi giorni dopo le elezioni». «Il Papa - dice il premier - parlò di clima nuovo, più costruttivo, della necessità di dare avvio a una nuova stagione» anche di crescita e «questo è quello che stiamo cercando di fare e che è indispensabile fare». In altre parole, il premier non vuole essere solo testimone ma anche portatore del nuovo cristianesimo in politica. Parole che arrivano dopo piccoli ma significativi segnali che in questi ultimi tempi ha disseminato il Cavaliere. Andando a ritroso c'è l'apertura all'Udc, agli elettori centristi prima di tutto. Ma anche ai vertici del partito qualora decidessero di sciogliere anche la loro formazione per entrare nel Pdl. Perché il tema è proprio questo: aprire le porte a tutti, inglobare tutti, accettare tutti - con alcune esclusioni - affinché la nuova formazione compia quell'ulteriore passo che gli manca. Passando cioè dal 43% che gli accreditano i sondaggi al 51. E poi c'è il riconoscimento della sacralità della vita fatto al convegno di Giovanardi. E l'indicazione data ai senatori che si apprestavano a votare il disegno di legge sul testamento biologico: libertà di coscienza sì ma niente eutanasia. Segnali, dunque. Segnali che arrivano anche in coincidenza delle pressioni che giungono Oltretevere. Ma si tratta di un rapporto, quello che Palazzo Chigi e il Vaticano, che è sempre più stretto. È un camminare assieme. Diventato tale dopo la battaglia sul decreto legge per Eluana, una battaglia che Berlusconi ha deciso di andare a combattere levando il vessillo della «cultura della vita» contro la «cultura della morte». È anche un premier che insiste sulla famiglia, valore da difendere che affianca a quello dell'impresa. Spiega il fondatore di Forza Italia prima e del Pdl poi: «Noi crediamo nei valori della nostra tradizione cristiana, il valore irrinunciabile della vita, del bene comune, della libertà di educazione, della pace e della solidarietà della giustizia e della tolleranza verso tutti, a cominciare dai nostri avversari. E crediamo soprattutto nel rispetto e nell'amore per chi è più debole a cominciare dai malati, dai bambini, gli anziani e gli emarginati. Vogliamo vivere in un paese dove siano valori sentiti e condivisi la generosità, l'altruismo, l'amore per la propria famiglia, il proprio lavoro e la propria patria». Certo, si tratta di un discorso di fondazione come riconosce il senatore Gaetano Quaglieriello, vicino a posizioni che un tempo si sarebbero definite teocon. Discorso di fondazione significa un discorso che riconosce tutte le culture in cui affonda le sue fondamenta. Con concessioni a destra e a sinistra. Che ricorda Pinuccio Tatarella come Bettino Craxi. Ma nelle parole di Berlusconi sul Papa - e in generale sulle radici cristiane del Pdl - non sono pura tattica, non sono strumentali. Si inseriscono in un nuovo percorso che il Cavaliere vuole intraprendere. Anzi, che ha già intrapreso. I toni contro la sinistra restano gli stessi. Con quelli non si parla, il Pdl si apre al resto. Agli Udc. Agli ex Popolari, pezzi della Margherita. Quel che resta di quell'elettorato. Il nuovo partito vuole essere la formazione in cui tutti possono risconoscersi, dove tutti si possono sentire a casa. Il partito a cui almeno la metà degli italiani può aderire e votare. Il percorso è iniziato. Fabrizio dell'Orefice