Una città che muore uccisa dalla sinistra
«Ecco, lo vede quell'affresco lassù», fa Adele, la signora che vende souvenir per turisti sul Decumano maggiore, l'antica strada romana che poi è stata ribattezzata via dei Tribunali. Dell'opera d'arte si riconosce ben poco. «È una Vergine con bambino, venne attribuita a Montano d'Arezzo. Era uno splendore, il paesaggio dietro era di una bellezza unica», insiste Adele. Oggi c'è sopra una crosta nera, si riescono a scorgere i lineamenti ma nulla più. È il centro antico di Napoli. La vecchia Neapolis greca sulla quale venne innestata la città romana. I porti del XIV secolo, qualcosa di irripebile. Colonne romane. C'è una bella luce oggi, il cielo terso, Capri di fronte sembra di averla in bocca. Più avanti c'è la Chiesa del Purgatorio, dove i napoletani nel Medioevo venivano ad adottare i morti, capuzzelle custodite nell'ipogeo. E poi c'è la Napoli più famosa, le storiche pizzerie a cominciare da Di Matteo dove volle venire Bill Clinton nel '94. È la Napoli del rinascimento napoletano di quindici anni fa. Oggi sembra di essere agli ultimi giorni di Pompei. Sembra che l'amministrazione pubblica sia stata messa in fuga dall'eruzione vulcanica della politica. Qui è tutto fermo. E tutti aspettano il terremoto, il terremoto salutare. «Ma quanno succere?», domandano a Gennaro Succoio, leader dell'opposizione di centrodestra nel Municipio che passa in scooter, una specie di sindaco del Rione Sanità di eduardiana memoria. Qui la politica è morta, ha chiuso i battenti. O è stata chiusa. La Municipalità è stata chiusa. La sede, che si trovava nell'antico ex ospedale della Pace (il nome si deve al fatto che l'edificio venne terminato nel 1659, anno della pace tra Filippo IV di Spagna e Filippo XIII di Francia) è stata sigillata dopo un'ispezione dell'Asl. L'azienda sanitaria è dovuta intervenire dopo che un impiegato era stato colpito alla testa da un pezzo d'intonaco staccatosi dal tetto. È l'immagine di questa Napoli. Doveva essere la zona della rinascita, se ne cade a pezzi. Ora la Municipalità è stata trasferita in periferia. Il Comune latita. Ha alzato bandiera bianca. Poco più avanti, via Pietro Colletta, a ridosso di Forcella, zona di scippi. Le istituzioni avevano scommesso cinque anni fa aprendo un info point turistico, tappa dei bus sightseeing a due piani: chiuso anche quello, ora c'è un supermercato. Ha aperto il Madre, il nuovo museo d'arte contemporanea, in via Settembini. E appena di fronte sono scoppiate le fogne e i palazzi sono stati evacuati. Lo Stato se c'è agisce in maniera schizofrenica. A Porta Capuana c'è la chiesa di padre Rapullino, quello che ripetè il tragico «fujetevenne», scappate via, di Eduardo. La piazza, intitolata a Enrico De Nicola, è stata restaurata ma s'è scoperto che qualcuno s'era attaccato illegalmente alla rete elettrica e la luce è stata spenta. Aria di smobilitazione. È la caduta dell'impero bassoliniano. A giugno si vota alla Provincia e tutti danno per vincente il centrodestra, sarebbe la prima enclave del potere di sinistra a cadere dopo anni. Aria di abbandono. Di fuga. Anche i privati hanno chiuso i battenti. Alla Duchesca al posto della storica pizzeria Triunfo c'è un negozio di chincaglierie cinesi (più facile assaporare le mitiche pizze a Roma sotto il marchio «Pizza Re»). Dall'altra parte della strada, a vico Longo, un palazzo comunale è pericolate: gli occupanti (erano dieci famiglie e dopo i crolli sono diventate in una notte novanta) vivono in albergo a spese del Comune. E io pago. La Iervolino va avanti, stancamente. Ogni giorno perde pezzi della maggioranza con qualche consigliere che lascia la barca del centrosinistra che affonda e va a destra: per anni è accaduto il contrario. Da un giorno all'altro potrebbe cadere. «Ma quanno succere?» domandano tutti. F. d. O.