Che si contrapporranno ai vecchi «partiti ideologici».
Questoio mi attendo dall'evento congressuale. Non proclami, ma la saldatura virtuosa, tra la «cultura del fare» e il progetto di ampio respiro. In una parola, la capacità e la volontà di modernizzare il Paese. La «rivoluzione italiana», rappresentata dai due partiti, Forza Italia e Alleanza nazionale, che si stanno fondendo, ne sono la garanzia. Il primo, viene da un dna legato alla «cultura del fare», della prassi. E lo si sta vedendo dall'azione specifica dell'esecutivo. Il secondo, ha una storia incardinata nell'identità nazionale, nel culto del bene comune, della patria e degli interessi generali. Bisogna conciliare il meglio delle due tradizioni. Spero che dal congresso partirà un nuovo, grande disegno costituzionale che vada oltre le logiche di parte, e si iscriva perfettamente nell'ambizione di un «grande partito degli italiani», come recita la comunicazione del 27 marzo. Su due punti intendo soffermarmi. La modernizzazione e le riforme, nell'auspicio che il Pdl le faccia proprie. La crisi economica può essere «positivizzata». Si può trasformare, in una nuova opportunità per i cittadini e gli amministratori. Il tema è la ridefinizione del nostro modello economico di sviluppo, guardando alle felici esperienze dell'economia sociale di mercato. Una ridefinizione che non può non passare attraverso un nuovo rapporto tra il mercato e il pubblico. E da questo punto di vista concordo con la proposta del presidente della Camera, Gianfranco Fini, relativa alla convocazione di «Stati Generali dell'Economia», un luogo condiviso, per individuare ricette e soluzioni di spessore. L'Italia è, infatti, un'«impresa» condivisa. In secondo luogo, il Pdl dovrà sostenere la continuazione, sempre più incisiva, dell'opera del ministro Brunetta, concentrandosi sullo smaltimento delle leggi inutili e lo snellimento delle regole dei processi civili e penali. Infine, le riforme dello Stato, che dovranno essere elaborate in prima battuta, da una «Assemblea costituente delle idee», altro luogo di dialogo e di confronto, per arrivare a costruzioni non parziali, frutto di maggioranze che vanno e che vengono. Il semi-presidenzialismo (un tema su cui convengono sia Fini sia Berlusconi), potrebbe fare da giusto contraltare al federalismo. Insomma, una nuova cittadinanza dal basso verso l'alto. Se il il 27 sarà il punto di partenza del Pdl; per gli italiani è un punto d'arrivo partito da tanto, almeno dalla marcia dei due milioni in piazza contro la finanziaria di Prodi. Anna Maria Bernini Deputata Pdl