"Ritirato il piano-cemetificazione"
In nome della necessità di trovare l'intesa con le regioni senza lederne le prerogative, il governo rallenta la marcia sul piano casa. Che non vedrà la luce al Consiglio dei ministri di venerdì. Il pacchetto - resta tra l'altro da determinare se possa includere un decreto legge - verrà discusso dall'esecutivo con gli enti locali nell'ambito di un tavolo tecnico che debutterà domani e che dovrebbe restare in piedi fino a martedì. Quando una nuova conferenza unificata - dopo quella odierna - dovrebbe consentire di tirare le somme. Il segretario Pd Dario Franceschini esulta perchè «è stato ritirato il decreto-cementificazione che avrebbe creato danni spaventosi»: ora i democrat sono «pronti a discutere senza pregiudizi», ma «a condizione che siano norme che non facciano correre il rischio di una devastazione del paesaggio». Tra le righe traspare la volontà di inquadrare lo sviluppo del dibattito sul piano casa come una «ritirata» per il governo da intestare al Pd. Una lettura che rischia di risultare però frettolosa. Per più di una ragione. Osservata attraverso altre lenti, la mossa del governo può essere vista come una conferma di una dialettica virtuosa già innescatasi nel confronto con le regioni sugli ammortizzatori sociali. Una dinamica che potrebbe preludere all'incardinamento di un confronto istituzionale permanente destinato talvolta a rallentare l'iter di approvazione di un provvedimento, ma anche ad estenderne la portata. Come è avvenuto per il potenziamento degli ammortizzatori sociali. E come ora potrebbe avvenire sul fronte edilizio, tanto più se il «progetto new town» da realizzare in ogni capoluogo di provincia prendesse corpo. Rispetto alla dialettica maggioranza-opposizione, quella tra potere centrale e livelli periferici ha il vantaggio di essere meno caratterizzata dal «teatrino della politica»: nella ricerca di soluzioni pragmatiche condotta dal governo nazionale in accordo con gli amministratori locali, il colore politico di ciascun interlocutore assume tonalità meno sgargianti. E il tasso di inquinamento da propaganda si abbassa. Fenomeni positivi su cui il dibattito parlamentare tra centrodestra e centrosinistra, che riescono a convergere solo in casi sporadici (come quelli verificatisi ieri alla Camera su federalismo fiscale e riforme istituzionali) può raramente contare. Ma che il passaggio a un assetto istituzionale saldamente federalista - tanto più se accompagnato da un rafforzamento del potere esecutivo - tenderebbe probabilmente a stabilizzare. Con la conseguenza di ridimensionare e talvolta bypassare il tradizionale circuito politico maggioranza-opposizione.