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È stato raggiunto un grande traguardo

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Si sciolgono per dare luogo ai migliori materiali dell'industria aerospaziale. Ignazio La Russa ha detto che il passaggio di Fiuggi fu quello difficile, perché in quella occasione si abbandonò la casa del padre. Non è del tutto vero. Dopo Fiuggi, tranne pochi che lasciarono - il più illustre Pino Rauti - tutti gli uomini dell'Msi continuarono a lavorare insieme, come fossero nel vecchio partito. Il tentativo di aprirsi ad altre figure fallì: tanto che ieri non c'erano ne Gustavo Selva, né Publio Fiori, né Domenico Fisichella, i più illustri non missini. Ora tocca agli uomini che hanno fatto la storia dell'Msi e di An salpare e unirsi a un altro «partito non partito» - Forza Italia - che ha fatto in questi anni, sotto l'egida carismatica del leader, della differenza di origini e sensibilità un punto di forza: sin dalla sua fondazione ha messo a frutto le idee e la fatica di un ex-missino come Mimmo Mennitti (uno che al Pdl ci era arrivato nel 1994) insieme a quelle di liberali doc come Antonio Martino e di socialisti craxiani come Giuliano Ferrara o Don Gianni Baget Bozzo. Non ci sarà la corrente di An nel Pdl, così come non ci sarà quella di Forza Italia. Il nostro tempo rompe schemi e appartenenze e impone l'esercizio del pensiero e delle idee praticabili, dei sogni realizzabili, contro le utopie devastanti degli ultimi due secoli. Già oggi, nell'esperienza dei gruppi parlamentari, non si comprende chi proviene da un partito e chi da un altro. Ci si incontra per consonanza di idee, non per tessere tenute in tasca. Silvio Berlusconi ha salutato il congresso rivolgendo «un atto di gratitudine e di riconoscenza ad un partito che dopo un lungo cammino ci consente, sulla spinta di milioni e milioni di elettori, di raggiungere tutti insieme un grande e storico traguardo». È lo stesso Berlusconi che qualche giorno fa ha detto: «Con il Pdl non cambia niente, avrò solo maggiori responsabilità». Due verità non contraddittorie. Da quando è sceso in campo Berlusconi ha guardato alla maggioranza degli italiani, non a un partito, tantomeno al suo. E se lo ha fondato è perché, estraneo alla politica, aveva capito benissimo che i leader senza esercito - come Romano Prodi - sono destinati a soccombere stritolati innanzitutto dai propri generali. Oggi Berlusconi è leader di uno schieramento in cui il suo partito vale oltre il 40%, mentre l'alleato meno del 10%. E a questo partner ha già proposto di pensare a uno schema simile a quello tedesco, dove ci sono Cdu ovunque e Csu in Baviera. Mentre ha detto che anche l'Udc dovrebbe immaginare per se il Pdl. Un grande traguardo sta per essere raggiunto, e il prossimo è già alle porte. Forse oggi c'è una forza politica in grado di dare avvio alla seconda Repubblica, che sarà presidenziale o non sarà.

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