Nasce la Destra repubblicana. Il progetto si modernizza
Un intervento che alla fine dalle impressioni che si possono cogliere fin da ora e da ciò che bolle in pentola, farà capire agli interessati, quanto le due funzioni (quella istituzionale e quella politica), siano in realtà, sovrapponibili e niente affatto inconciliabili. La parola chiave è "destra che si fa patria". Una destra che smette di rappresentare una parte limitata (anche se importante) della geografia politica, per iniziare a incarnare sul serio la nazione, il "partito degli italiani" (questo è il senso profondo del passaggio da An al Pdl), e - contestualmente - l'urgenza delle riforme che i cittadini aspettano, passando per una doverosa stagione costituente. Se si decodifica, infatti, la recente attività di Fini, dai valori, dalla memoria condivisa, alla res-publica di tutti, e gli incessanti richiami, nelle sue varie dichiarazioni, all'autorevolezza dello Stato, delle regole, della legalità, della democrazia compiuta e inclusiva, non si può non individuare un filo conduttore ben chiaro che lo riguarda da parecchio, e che certamente non sarà rivelato come se fosse una sorpresa, nell'ultimo giorno dell'ultimo congresso di An. La tribuna del Nuova Fiera di Roma è soltanto un'occasione per ribadire il suo messaggio e aprire una nuova fase. Primo, con lo scioglimento di An, si stabilisce la definitiva costituzionalizzazione democratica della destra italiana. Sdoganata dai fatti, dal voto e dall'azione di governo. Ed entrando in un contenitore più ampio, la destra politica contribuirà davvero a costruire la piattaforma della nuova Repubblica. Quel bipolarismo europeo, tipico delle democrazie dell'alternanza, basato su "partiti-progetto" (Pdl e Pd), contrapposti ai "partiti ideologici", che hanno avvelenato la prima Repubblica, ritardando la modernizzazione e dividendo gli italiani in opposte tifoserie. Insomma, la vittoria delle identità dinamiche, delle nuove sintesi, della rappresentanza collegata alla governabilità, sulle identità statiche, museali, le vecchie dicotomie ottocentesche e primonovecentesche (laici-cattolici, liberali-sociali, statalisti-liberisti etc), e la rappresentanza collegata alla testimonianza. Secondo, il cuore pulsante di Fiuggi del 1995 (la nascita di An), il patto della tradizione post-missina con i filoni liberali, moderati, cattolici, in libera uscita da Tangentopoli, è pure il cuore pulsante del Pdl. E non solo: dalla fusione con Fi (l'anima socialista, liberale), nascerà la grande prospettiva futura del centro-destra: la modernizzazione identitaria e la concezione nazional-riformatrice della politica. Cadono, quindi, nel vuoto le accuse di svendita e di eutanasia della destra, da parte dei "professionisti dell'identità", che si ritengono i proprietari privati delle idee o che intendono reiterare nel nuovo contenitore i metodi e gli schemi correntizi che hanno avvelenato e libanizzato i partiti storici. "Dio- patria-famiglia" (opportunamente aggiornati) non sono più appalto esclusivo della destra, ma diventano patrimonio comune, patrimonio condiviso di tutto il centro-destra, con l'ambizione di trasformarsi nel mastice dell'Italia del domani. Terzo, An non è mai stato un "partito-Chiesa", è stato fin dal suo concepimento, un "partito- viaggio", un "partito-Polo" in movimento, con la mutazione genetica nel proprio dna. Un percorso in itinere, nato sulle ceneri del Msi e approdato oggi nel Pdl, attraverso anticipazioni interessanti: dalla Destra nazionale e la Costituente di destra per la libertà, pensate da Giorgio Almirante, alle intuizioni oltrepoliste di Pinuccio Tatarella. Quarto, la parola d'ordine di Fini, da adesso in poi, dichiarando concluso il primo tempo della nuova destra, sarà appunto, il secondo tempo: la destra repubblicana. Un salto di qualità culturale e politico non da poco, che dovrà dare nuovi sogni e ambizioni all'ex popolo di An, inveratosi nel "popolo del Pdl". Destra repubblicana, come patriottismo costituzionale, declinato a livello di riforme e di governo. Come capacità di rilanciare un'etica della cittadinanza e del bene comune, che hanno latitato ultimamente. Una religione civile che dovrà riunire gli italiani oltre le divisioni e le appartenenze. E il segreto del Pdl sarà proprio combinare la "destra repubblicana", incarnata da Gianfranco Fini, col decisionismo nazional-popolare di Silvio Berlusconi. Su ciò si misurerà la capacità di tenuta del grande partito del centro-destra che vedrà la luce il prossimo 27 marzo. E forse dell'Italia prossima ventura. Fabio Torriero