La Destra che muore per rinascere

Confluisce in un contenitore più grande, sarà parte di un progetto che ci auguriamo contribuisca a modernizzare il sistema politico italiano. Il congresso di scioglimento sancirà la confluenza nel Pdl e non si dica più, per rispetto al percorso di chi ha compiuto il "grande balzo" dal Movimento sociale italiano al nuovo soggetto politico, passando per Fiuggi, che di "scioglimento non se ne parla", come abbiamo sentito da più di un dirigente del partito guidato da Gianfranco Fini. Non è un dettaglio, naturalmente. Poiché se ancora si gioca sull’equivoco le conseguenze potranno essere devastanti, come se già non bastasse la difficile convivenza sotto uno stesso tettotra chi proviene da storie ed esperienze diverse. Si prenda dunque atto che la scelta è stata fatta con determinazione e consapevolezza anche in considerazione del non trascurabile effetto che dall’operazione deriverà la sparizione dalla geografia politica di un movimento di Destra. Poco male, si dirà, per chi ha ritenuto, come il sottoscritto, da tempo immemorabile peraltro, superate le categorie classiche della politica che hanno tenuto ingessato il sistema italiano. Importante è che nel Pdl le idee della Destra, i suoi valori, le sue aspirazioni ideali "contaminino" l’aggregazione berlusconiana e vivano nella sintesi che ci auguriamo si possa formare dall’incontro tra culture una volta separate e che oggi tendono ad affinarsi fino a dar vita ad una nuova identità. Questo processo, a dire il vero, immaginavamo che si compisse prima dell’assemblea costituente del Pdl; non resta che sperare nel dopo quando, in tempi relativamente brevi, si riuscirà a fare un primo consuntivo della costruzione che modificherà la struttura del centrodestra e s’imposterà il quadro valoriale e strategico di un progetto che non dovrebbe avere una vita effimera. La Destra, incarnata da Alleanza nazionale, dunque, muore per rinascere. Non è il primo caso nella storia dei partiti politici, non sarà l’ultimo. E rinascerà probabilmente volando e posandosi dove, finalmente libera dalle gabbie della struttura partitica, la porterà la storia. Oggi diremmo che la Destra aveva avuto ragione nel prevedere crisi epocali come questa che ci stringe d’assedio avendo impostato il nostro modello di sviluppo sull’economicismo oltranzista, sulla materialità aggressiva, sul determinismo ed il relativismo etico. Domani raccoglieremo, probabilmente, i frutti di una inevitabile resipiscenza dovuta al cambiamento necessario negli stili di vita e nella più complessiva visione del mondo. E se tutto ciò, schematicamente e forse impropriamente, dovessimo ascriverlo anche alla cultura della Destra (nelle sue varianti nazionalconservatrici e cattolico-solidariste, per esempio) vorrebbe dire che la storia di questo magmatico (e per certi versi non sempre decifrabile) movimento avrà avuto un senso al punto di orientare l’avvenire. In politica, come in natura, nulla si crea e nulla si distrugge: tutto è un eterno divenire, diceva Eraclito. Non diversamente, applicandoci alle piccole cose, la formidabile nostalgia che certamente assedierà per giorni tantissimi italiani che si sono riconosciuti nella Destra, potrà essere il lievito di un "nuovo inizio". Non per sognare itinerari a ritroso, dove s’incontrerebbero soltanto sentieri interrotti, ma per proseguire sulla strada di un’avventura che ha legato diverse generazioni: far vivere politicamente l’esigenza di modernizzare la società stringendola quanto più possibile alla tradizione dell’Italia profonda. Dalla coniugazione di questi due fattori dipenderà il futuro del nostro Paese. E la Destra, anche se non sarà più Destra, non potrà non riconoscersi in una prospettiva che certamente la trascende. Con l’orgoglio di aver contribuito a prepararla.