Quale futuro per il Popolo della libertà
Ho scritto «molti italiani» perché la vita del maggiore partito su cui si regge l'alternanza democratica, interessa anche coloro che non ne condividono la politica. Per il cittadino normale è stucchevole la diatriba sui «due leader» e sul loro futuro. Senza Berlusconi Forza Italia non sarebbe esistita e Alleanza Nazionale sarebbe rimasta al palo. Nessuno perciò dubita che la natura stessa del PdL sia carismatica, né che sarà improbabile l'adozione di altri modelli. D'altronde Fini è un ottimo presidente della Camera e un affidabile uomo delle istituzioni che ci si augura possa continuare nel suo ruolo, oggi così necessario. Accanto alla leadership, però, un partito «di raccolta» e di governo ha bisogno di una classe dirigente degna del compito. Ieri i partiti selezionavano i gruppi dirigenti nella pluralità delle correnti ideali e degli interessi concreti. Domani, il PdL dovrà rifuggire dalle responsabilità affidate in ragione della fedeltà e del conformismo nei confronti dei capi, e dovrà invece promuovere, più del passato, quelle donne e quegli uomini che si dimostrano capaci, meritevoli e coraggiosi nelle idee e nei comportamenti. Ma, al di là delle questioni interne al partito del Popolo della Libertà, gli italiani sono soprattutto interessati a che la forza di governo affronti e risolva le gravi questioni del momento. Fra le tante all'ordine del giorno, a noi paiono che vi siano quattro nodi da sciogliere con efficacia e decisione.Il primo è la crisi. Nessuno ha la ricetta per risolvere la grave situazione economica e sociale di oggi, né si può pretendere che il governo abbia la bacchetta magica. Ma il Pdl deve stare attento che i provvedimenti governativi non sospingano l'Italia nella palude statalista e corporativa che a lungo ha afflitto il «Bel Paese». Il secondo, la giustizia. Il malfunzionamento del sistema giudiziario è divenuto insopportabile per milioni di cittadini. Il centrodestra, maggioritario in parlamento, non può più rinviare la soluzione di questa cancrena che trasforma l'Italia nella tomba del diritto. La questione non riguarda questo o quel magistrato, ma la possibilità che i cittadini siano messi finalmente in grado di ottenere rapidamente ed equamente la definizione delle loro cause civili e penali. Il terzo riguarda l'etica. La soluzione delle questioni etiche, sempre più intrecciate alla biologia e alle relazioni umane, non può essere affrontata con tassative ottiche morali o religiose. Una forza di centrodestra, non ideologica, deve tenersi alla larga dallo Stato etico, e non può imporre con le manette i suoi valori, anche quando sono professati da gran parte dei suoi parlamentari. Il quarto, infine, è lo Stato. V'è un rapporto tra Stato e società in cui una forza di centrodestra dovrebbe distinguersi dalla sinistra interventista. Gli italiani si aspettano che lo Stato si immischi il meno possibile nelle questioni economiche, civili e personali che li riguardano. Non dovrebbe esservi una economia di Stato, una socialità di Stato, una cultura di Stato, una salute di Stato... Ce la farà il nuovo Popolo della Libertà ad allargare per il popolo quegli spazi di libertà che tanto desidera?