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Prodi rilancia il vecchio Ulivo, Casini leader perfetto per tutti

Casini

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Probabilmente neanche Romano Prodi pensava che la vendetta nei confronti di Walter Veltroni si sarebbe consumata in un così breve lasso di tempo Addirittura a meno di un anno dalla caduta del suo governo. Eppure il Professore non si è certo fatto trovare impreparato. Anzi, ha subito ripreso in mano le redini della sua creatura: il Pd. Come? Dettando la linea al neosegretario Dario Franceschini. In fondo, come spiega Massimo D'Alema, la scelta di Prodi di prendere la tessera dei Democratici in questi giorni «è un gesto che ha valore di messaggio politico». Un messaggio che l'ex premier ha illustrato domenica sera intervistato da Fabio Fazio a Che tempo che fa. Un messaggio che potrebbe essere sintetizzato così: basta con il partito autosufficiente torniamo alle alleanze. «Credo che il compito della democrazia - ha spiegato Prodi - sia quello di assorbire le ali estreme. Se non teniamo insieme le forza riformistiche l'Italia non si salva. Il Pd è il proseguimento dell'Ulivo». Insomma, archiviato il sogno veltroniano, l'unica strada è tornare al passato. A quel «patto di ferro» tra Ppi e Ds capace di coalizzare forze diversissime tra loro e che è riuscito, per ben due volte negli ultimi quindici anni, a battere Silvio Berlusconi. Il caso vuole, poi, che la strada indicata da Prodi sia la stessa su cui sta lavorando da tempo D'Alema. Tanto che l'ex ministro degli Esteri, parlando giovedì scorso a Napoli, ha invitato i presenti a sommare i voti raccolti dalle forze di opposizione al governo (l'Udc sosteneva il candidato del centrodestra ndr) in Sardegna. Ebbene se quei consensi fossero confluiti su Soru, il governatore uscente avrebbe vinto. Ecco allora che il futuro del Pd sembra essere già irrimediabilmente segnato. Con Dario Franceschini impegnato nello sforzo di recuperare consensi a sinistra, magari inglobando gli ex Ds di Fabio Mussi e l'ala rifondarola che fa riferimento a Nichi Vendola, per poi consegnare il partito nella mani di uno che quel mondo conosce fin troppo bene e che potrebbe rappresentarlo perfettamente: Pier Luigi Bersani. Ora la domanda nasce spontanea: sarà lui il prossimo candidato premier del Pd? Evidentemente no. E non solo perché il Pd ha sempre predicato la «separazione della carriere», ma soprattutto perché se c'è un insegnamento che Prodi porta con sé è che per vincere, una coalizione di centrosinistra, ha bisogno di un leader moderato. Ecco allora che nello schema pensato dal Professore, ma sicuramente anche da D'Alema, diventa fondamentale il rapporto con l'Udc. Chiuso definitivamente il rapporto con Berlusconi e il Pdl, Pier Ferdinando Casini sarebbe il candidato perfetto per guidare un'alleanza tra centro moderato e una forza riformista di sinistra. Certo, i sondaggi fatti dall'Udc dicono che la base non approverebbe, ma nel dopo Berlusconi tutto potrebbe rimescolarsi. Un banco di prova per verificare la tenuta di questa strategia saranno sicuramente le prossime amministrative. Firenze e Bologna in primis. In Toscana la candidatura di Matteo Renzi potrebbe trovare il sostegno dell'Udc. Mentre a Bologna, città di Prodi e Casini, il candidato centristra Giorgio Guazzaloca sarà l'ago della bilancia nel quasi scontato ballottaggio. Nel frattempo l'Udc si porta avanti candidando alla Provincia di Frosinone l'ex sindaco diessino della città Domenico Marzi (in alternativa a Pdl e centrosinistra). La «rivoluzione» auspicata da Prodi, forse, è già cominciata.

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