Il Professore, un gigante: ma il Pd ne ha bisogno?
Tornatoa casa, mi sono accorto che Romano Prodi aveva compiuto lo stesso gesto e che la questione era stata salutata da grida di giubilo da parte dei vertici di via Sant'Andrea delle Fratte. Il Professore si è preso poi tutta la scena mediatica andando ospite al talk show più rilevante del panorama televisivo italiano, andando a fare oggettivamente la figura del gigante. Guardavo Prodi rispondere anche brillantemente alle domande di Fabio Fazio e pensavo: possibile che siamo ancora nell'assoluta necessità di ancorare i nostri entusiasmi a colui che pure, pochi mesi fa, veniva indicato da Veltroni come principale responsabile della pesante sconfitta alle Politiche? Possibile che le classi dirigenti del centrosinstra, pur alle prese con la peggiore crisi della propria efficacia e credibilità da decenni a questa parte, non siano state in grado di generare un'idea di futuro, rimanendo vincolati al solito vizio di sorridere solo voltando lo sguardo all'indietro? Per anni ho ascoltato, nell'ambito dell'area che ha dato vita al Pd, la litania che accomunava Aldo Moro ed Enrico Berlinguer. Nella sezione dove sono andato a rinnovare la tessera sono loro i ritratti appesi, assieme a quelli di Antonio Gramsci e di Pietro Scoppola. Adesso la nuova icona per riscaldare i cuori deve essere Romano Prodi? Ripeto, ho il massimo apprezzamento e anche personale affetto per l'unico leader di centrosinistra capace di battere Silvio Berlusconi negli ultimi quindici anni. Ma sono certo che il Pd abbia davvero poco bisogno, ora, di incentrare le proprie passioni sulle icone del passato. Di più: è questa la palla al piede principale che afferra il principale partito di opposizione e lo rende incapace di spiccare il volo verso un futuro davvero concorrenziale nei confronti del centrodestra. Lo dico anche rispetto alla valutazione politica espressa da Prodi, che è portatore di un abbattimento della migliore idea veltroniana, quella dell'autosufficienza del Pd. Il ritorno in campo del Professore è affiancato alla resa definitiva del Partito democratico alla necessità di ricostruire un campo di alleanze che vada, come minimo, «da Vendola a Pezzotta», come ha avuto modo di dirmi ieri a Red Tv Livia Turco mentre la intervistavo per il mio programma quotidiano. Finimondo. Io sono convinto che la strada dovrebbe essere un'altra: agevolare l'evoluzione bipartitica del sistema italiano, utilizzando anche la leva del referendum (e non capisco la miopia di Berlusconi nel non permettere l'election day che assicurerebbe il superamento del quorum, o meglio, la capisco perché pesa il ricatto leghista). Solo dopo avere ottenuto il sistema bipartitico, si potrà costruire un orizzonte di intese, che preveda l'assorbimento delle forze eterogenee dentro i due campi dello schieramento politico. Questo è il futuro «blairiano» su cui dovrebbe incentrarsi l'azione tattico-strategica del Pd. Le nostalgie, compresa quella per la stagione prodiana, vanno lasciate alle nostre spalle. *Vicedirettore Red Tv e membro della direzione nazionale Pd