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Serve un nuovo modello d'immigrazione

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Nelle città in cui la pressione migratoria è elevata, si registrano casi analoghi. La conseguenza è l'abbandono da parte degli italiani delle scuole in cui sono netta minoranza e dove, di regola, la maggioranza viene da un solo Paese, fatto che provoca una sorta di di razzismo «a rovescio», in cui sono vittime i piccoli italiani. Il fenomeno tocca le grandi città, ma può espandersi a macchia d'olio. Nelle scuole sono già regolarmente iscritti oltre 500 mila bimbi extracomunitari, un numero destinato a crescere rapidamente. Dobbiamo quindi prendere atto del fatto che la politica dell'immigrazione fin qui seguita soffre di limiti evidenti, frutto della sudditanza al politically correct e alle astratte tesi egualitarie e «solidali». Come ha ben scritto Carlo Panella su L'Occidentale, le politiche sull'immigrazione messe in atto dal governo sono insufficienti e dovrenmmo dare un'occhiata fuori dai nostri confini per trarre buoni suggerimenti. In Inghilterra il laburista Gordon Brown ha ottenuto dal parlamento un Immigration Bill che vieta l'ingresso a immigrati senza qualificazione e istituisce un Migration Impact Forum, costituito da parlamentari, per monitorare gli effetti dell'eccessiva concentrazione di emigrati; in Spagna il socialista Zapatero sta facendo approvare una legge che incentiva il ritorno a casa degli immigrati; in Germania, da mesi il governo proibisce l'ingresso di immigrati che non abbiano almeno un diploma; in Francia, Sarkozy ha istituito da un anno un Ministère de l'Immigration che accorpa tutte le deleghe. In Italia, invece, sotto la pressione della Lega Nord, si lavora eslusivamente sul fronte dell'ordine pubblico e del contrasto ai clandestini. Obbiettivi sacrosanti, ma di corto respiro, visto che - ad esempio - tutti (o quasi) i genitori dei bambini che affollano le scuole della periferie hanno in tasca un regolare permesso di soggiorno. L'emergenza è l'immigrazione regolare, non quella clandestina. Ed è figlia di un sistema dove non esiste alcun criterio selettivo nell'accoglienza, tranne quello cronologico: da noi chi prima bussa, prima entra, indipendentemente dalla possibilità di integrazione. Il modello di immigrazione a punti - dove sia favorito chi conosce la nostra lingua, possiede una qualificazione professionale, proviene da civilizzazioni simili alla nostra - ridurrebbe i rischi di conflitti sociali che provocano danno, innanzitutto, ai più deboli. Le famiglie più agiate, infatti, possono mandare i figli in buone scuole private. Come spesso accade l'egualitarismo della sinistra, oggi fatto proprio anche da qualche esponente di elevato rango della destra, fa vittime tra chi vorrebbe difendere. Per questo vanno rovesciati i paradigmi e, ad esempio, decidere che i figli degli immigrati siano minoranza nelle classi, anche a costo di costringerli a frequentare scuole lontane dalle loro abitazioni. Anche questo vuol dire integrazione. *Deputato Pdl

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