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«Dico cose di sinistra? Nulla di male»

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.«Quella classica per le grandi occasioni oppure quella rosa a lui tanto cara?». Un dilemma risolto appena si è accomodato sulla poltroncina bianca, logicamente impeccabile come sempre. Abito scuro, camicia azzurra con i doppi polsi e una cravatta blu fanno pensare che il suo intervento lascerà il segno. Lui ormai è l'uomo super partes e ci tiene a sottolinearlo subito: «Io sono il capo di un'istituzione. Posso esprimere le mie opinioni e se queste vengono etichettate come di sinistra, non ci vedo nulla di male». Ma Fini è consapevole che molti guardano a lui, in questi giorni, non solo come presidente della Camera ma soprattutto come leader di An, il partito che tra domani e dopodomani spegnerà definitivamente quella fiamma che arde, dal 1946, nel simbolo del Msi e, dal 1995, nel proprio. Ma la causa è troppo importante: deve nascere il Pdl, il grande partito del centrodestra. Un addio che però è talmente atteso dallo stesso Fini che, per l'occasione, commenta: «Abbandonerò l'abito istituzionale e prenderò la parola» per dire «ai miei di An di non preoccuparsi dell'identità della destra, ma dell'Italia dei prossimi 20-30 anni». Una scossa alla destra a non rimanere attaccata «all'idea di un partito fortemente identitario, che garantisce una nicchia e una rendita di posizione, come una sorta di copertina di Linus», ma a guardare ad un partito che dia «una risposta alle grandi sfide globali». Fini ora guarda al futuro ma il suo pensiero non può che correre rapidamente a quel lontano 1983 quando il suo grande amico e padre della destra italiana, Giorgio Almirante, gli disse: «Nel mio primo giorno alla Camera, 26 anni fa, mi disse: "Qui imparerai cos'è la democrazia parlamentare"». Poi la discussione si sposta alle divisioni con Berlusconi che Fini non nega affatto: «Non è un mistero che con Berlusconi ci siano sensibilità diverse. Così come diversi sono i ruoli». E al tempo stesso definisce «ridicola» la proposta di eleggere il Cavaliere presidente del Pdl a scrutinio segreto. Fini ha dimostrato perplessità riguardo la norma, contenuta nel pacchetto sicurezza predisposto dal governo, di consentire al medico di denunciare l'immigrato clandestino. «Questo provvedimento - osserva il presidente della Camera - potrebbe comportare rischi perchè i clandestini potrebbero rivolgersi a circuiti di medicina alternativa con il serio rischio di diffondere patologie e contagi. È un rischio per la società. Il rispetto della persona viene sempre prima perchè uno prima è un uomo e poi un clandestino». Un ultimo pensiero Fini lo dedica ai «pianisti» che sperava di aver debellato e che invece, nonostante il nuovo sistema di voto basato sulle impronte digitali sono tornati alla ribalta. I due sono che ora rischiano sanzioni, colti in flagranza da un giornalista, sono Guido Dussin della Lega e Carmelo Lomonte dell'Mpa che votavano per i rispettivi colleghi di gruppo Matteo Salvini ed Elio Belcastro, i quali avevano rifiutato di farsi prendere le impronte e quindi votano con il vecchio sistema. Ma prima di lasciare lo studio Bruno Vespa ha voluto omaggiare Fini con un servizio dedicato al glorioso Bologna dei tempi di Giacomo Bulgarelli, l'ex centrocampista recentemente scomparso. «Sono bei ricordi, quelli dell'infanzia», ha commentato Fini, tifoso rossoblu, con gli occhi lucidi.

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