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Il Papa in Campidoglio: "Mi sento romano"

Papa Benedetto XVI con il Sindaco Alemanno

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Alle 8.30 in Campidoglio era già tutto pronto. Valletti in livrea, guide rosse, fiori gialli, rossi, bianchi. I colori di Roma e del Vaticano, simbolicamente abbracciati. C'è emozione e un po' di tensione nelle sale del Palazzo Senatorio per la visita, dopo undici anni, del Santo Padre nel cuore istituzionale della Capitale. L'arrivo, accompagnato dal suono delle campane delle chiese del centro è previsto per le 10,50. Puntualissimi, il sindaco Alemanno con la moglie Isabella Rauti accolgono Benedetto XVI. Intorno una piazza che si prepara al discorso che avverà di lì a un'ora. Un cerimoniale impeccabile. L'affaccio al balconcino dello studio del sindaco, che vanta una vista mozzafiato sui Fori romani, con il sovrintendente Umberto Broccoli trasformato in «Cicerone» d'eccezione. Dieci minuti sono bastati al professore per illustrare gli antichi fasti capitolini. Poi il saluto nella sala dell'Arazzo ai sottosegretari alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti, ai ministri Ronchi, Fitto, il sottosegretario ai Beni culturali, Giro, al presidente del Pdl in Senato, Gasparri, il presidente della Regione Lazio Marrazzo e i componenti della giunta Alemanno e dell'ufficio di presidenza del Consiglio comunale. A tutti il Pontefice ha regalato una copia della Bibbia. Il grande «Libro d'Oro» nella Sala delle Bandiere ha segnato il momento di una firma siglata direttamente sulla storia. Un lungo applauso ha poi accolto il Santo Padre nell'aula Giulio Cesare. Spetta così al presidente del Consiglio comunale, Marco Pomarici, aprire la solenne seduta, ricordando come «l'inizio della consiliatura, il 26 maggio 2008, coincida con il giorno dedicato a San Filippo Neri, che meritò l'appellativo di "Secondo Apostolo di Roma". Un santo che fu sostegno prezioso e punto di riferimento per orfani e ragazzi di strada, avvicinandoli alla fede e radunandoli in quei centri divenuti poi oratori». È ancora un applauso a introdurre poi il saluto del sindaco Alemanno. Sotto di lui un tavolino con i doni che verranno scambiati di lì a breve. «Santità, per tutti noi oggi è una giornata storica». Sono queste le prime parole di un discorso che il primo cittadino rivolge a Benedetto XVI. Un discorso che parla di Roma come città «che si trova ad affrontare gli effetti di una crisi economica globale, le sfide faticose dell'integrazione, il bisogno di sicurezza e di legalità, la ricerca di un'identità profonda e al tempo stesso proiettata verso il futuro». Ma il sindaco Alemanno parla anche di una «Roma civile» e di una «Roma cristiana», che si incontrano senza sovrapporsi, di una «Capitale della vita, dell'accoglienza e della speranza». Nel ringraziare poi «la quotidiana azione che le 335 parrocchie svolgono al servizio non solo dei fedeli, ma di tutte le donne e gli uomini della nostra città», il primo cittadino sottolinea la vocazione della Capitale ricordando le parole di Papa Giovanni XXIII: «Sono i Romani di tutti i tempi: onorati da un privilegio che, per il fatto di distinguersi dagli altri popoli, li impegna maggiormente in faccia al mondo intero ad una collaborazione di preghiera e di aperta professione di fede». Il rigido protocollo scriverà ancora per mezz'ora la storia di una giornata già iscritta nella targa marmorea dell'aula Giulio Cesare. Dopo il saluto ai fedeli in piazza, Benedetto XVI ha lasciato il Colle capitolino e si è recato al monastero di Santa Francesca Romana. Alemanno invece ha incontrato i giornalisti. Stanco ma soddisfatto commenta: «Credo che la giornata di oggi sia stata molto romana e molto universale». Due concetti, quello di «romano» e di «universale» che si completano da millenni.

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