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Colleferro, proteste inascoltate: "Regole vietate da anni"

Una pattuglia dei carabinieri davanti alla discarica di Colleferro (Roma)

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Rosamaria da qualche anno ha la tosse. «Una tossetta secca e fastidiosa», dice lei. Non sa con certezza se dipende dai fumi biancastri e densi che la notte sputano le due torri del termovalorizzatore. Ma sa che prima non succedeva. Rosamaria, Giuseppina, Ivana, Paola, Angelina e molte altre sono le «nonne coraggio» di Colleferro. Abitano tutte in via Vittorio Emanuele, nelle case vicine al «mostro» che dovrebbe bruciare rifiuti senza inquinare l'aria. Sono combattenti della prima ora. Hanno dichiarato fin dall'inizio guerra all'impianto che sorge vicino alla stazione della cittadina di ventiduemila abitanti. Non lo volevano allora e non lo vogliono ora. Anche se i loro capelli sono grigi o bianchi, hanno fatto i picchetti davanti ai cancelli, fronteggiato i «celerini», collezionato denunce e minacce, raccontano con orgoglio. E adesso che i carabinieri hanno scoperchiato la «pattumeria» sono amareggiate ma più agguerrite di prima. «Che produce l'impianto? Puzza e rumore - spiegano - Puzza di plastica bruciata, rumore assordante durante la notte. Noi non siamo medici e però sappiamo che molte persone si sono ammalate di cancro alla tiroide e prima non succedeva. Qui siamo circondati dal benessere tecnologico: viviamo tra l'incerenitore e la centrale elettrica e in mezzo c'è anche una scuola elementare». Sospetti che da ieri si avvicinano alla certezza, visto che nell'impianto si sarebbe bruciato Cdr «anomalo». «Che vogliamo ora? Vogliamo essere risarcite per danno biologico e vogliamo la raccolta differenziata - concludono le nonne coraggio - Noi non siamo retrograde o stupide e non ce la saremmo presa contro l'impianto se avessero rispettato le regole. Ma non le hanno rispettate e anche le istituzioni sono colpevoli, perché non ci hanno ascoltato». Se i veleni sono stati sparsi nell'aria, qui a Colleferro non se ne ha l'impressione. Il vento spazza via qualsiasi odore e poi tutti dicono che le emissioni avvengono col buio, nentre i cittadini dormono. Ma c'è chi ha potuto verificare di persona che in quel termovalorizzatore le norme venivano ignorate. E ha pagato per la sua onestà. «Era ottobre e mi sono accorto che c'era un innalzamento dei valori di uscita dal camino - ricorda il capoturno Piero Basso - Erano molto anomali, diciamo da 10 a 60. Ho messo in atto tutte le procedure previste per farli abbassare e ho avvertito il responsabile. Abbiamo prelevato insieme il Cdr ed era strano, c'erano cilindri particolai, materiale di risulta. Abbiamo preso un campione e l'abbiamo lasciato in sala. Tre o quattro giorni dopo, mi hanno contattato i carabinieri del Noe. Avevano letto la mia relazione della giornata lavorativa e ho consegnato loro un campione del materiale». Ai primi di febbraio Piero si vede sospendere dal lavoro per motivi «cautelari». Poi «Gaia» lo mette in ferie. «Io non volevo pubblicità e non la voglio neanche ora - aggiunge Basso - Ma voglio dire che solo i colleghi mi hanno dato solidarietà, dal sindacato neanche un comunicato, niente». Ma Basso non è stato il solo ad accorgersi che qualcosa non andava. «Da anni abbiamo verificato che si bruciavano anche pneumatici e altra roba irregolare - riferisce Angelo D'Arcangeli, operatore della sala controllo - Noi scrivevamo che il Cdr non era conforme e l'azienda rispondeva che era tutto ok. Ma la pezzatura era così grossa che a volte si bloccavano i nastri dell'impianto. Non pensavamo, tuttavia, che si incenerisse materiale più nocivo delle gomme d'auto, come è invece risultato dalle analisi del campione di Basso». A fargli eco è l'ingegnere Nicola Celli, ex responsabile della manutenzione, al quale dopo l'«attenzione» dedicata al Cdr è stato cambiato l'incarico. «È dal 2005 che vedevo arrivare materiale di pezzature enormi - spiega - E poi era umido, spesso addirittura bagnato, e questo non è normale. Anche con l'impianto tarato al massimo di potenzialità per abbattere l'inquinamento si andava oltre i limiti consentiti, superiori perfino di cinque volte. Abbiamo riferito ai responsabili, a Brida e Meaglia. Il loro "messaggio" è stato: continuate a lavorare, è tutto a posto. Allora ho scritto all'Ama per sottolineare che il Cdr era anomalo. Era l'aprile del 2007. Due settimane più tardi mi hanno destinato ad altro incarico». E il Comune? «Oggi ci siamo costituiti parte civile per tutelare la città - reagisce pronto il sindaco Mario Cacciotti - ma nei dati trasmessi da Gaia e dall'Arpa non risultavano superamenti dei livelli d'inquinamento. Se poi hanno modificato le centraline di rilevamento, questo non lo possiamo sapere...». I cittadini, però, sono infuriati. E ieri sera hanno occupato l'aula del municipio. «Questa è la città che ha il record di morti di tumore nel Lazio - osserva un ragazzo - Chissà che roba abbiamo respirato. E nessuno ha fatto niente, neanche le istituzioni locali. Anche loro sono responsabili».

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