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Piano casa, solo al Pd non piace

Dario Franceschini

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. Ancora un no Anzi due. Il Pd ha cambiato segretario ma non ha cambiato faccia. Né il modo di confrontarsi con la maggioranza. Così ieri Dario Franceschini, intervistato da Lucia Annunziata nella sua trasmissione su Raitre «In mezz'ora», ha bocciato la proposta del governo sul rilancio dell'edilizia. E, non contento, ha detto di no anche all'accordo con la Francia sulle centrali nucleari. Imitando l'altro «signor no» della sinistra, il leader della Cgil Guglielmo Epifani. Il piano per la casa, ha attaccato Franceschini, «è bocciato» perché si tratta «di una cementificazione dell'Italia» e per di più anche «campata sulla luna». «In Italia — ha ammesso il segretario del Pd — c'è assoluto bisogno di grandi infrastrutture, soprattutto nel Mezzogiorno, e dunque un piano per le infrastrutture va bene, ma non si può raccontare agli italiani che è una risposta alla crisi». «Quelli che hanno analizzato i dati — ha proseguito — dicono che forse entro il 2009 si inizieranno a spendere 2-3 miliardi; noi abbiamo una proposta precisa, che farebbe ripartire subito le piccole e medie imprese e gli artigiani: allentare il patto stabilità per gli enti locali» e così facendo «potrebbero partire subito 30 miliardi di opere già cantierabili». Opere, ha aggiunto, immediatamente realizzabili, «non fra tre anni». No anche all'accordo con la Francia sulle centrali nucleari. «Arriviamo con un ritardo enorme, nessuno più le costruisce — ha ribadito — Abbiamo due cose da fare: entrare subito nella ricerca sul nucleare di nuova generazione e investire nella cosiddetta green economy su cui ci sarà uno sviluppo straordinario». Bocciato il piano di Berlusconi, Franceschini è poi passato alle accuse alla politica del premier per contrastare la crisi dell'economia. «A nessuno di noi — ha spiegato — nemmeno nella foga di un comizio, è mai venuto in mente di dire che la crisi è colpa del governo Berlusconi; ma il modo inefficace e inadeguato in cui la si affronta è certamente colpa del governo Berlusconi». «Noi siamo pronti a votare con loro» un pacchetto di misure per uscire dalla crisi economia, ha proseguito, ma solo a condizione che non sia una «presa in giro» e siano misure «concrete» e «a sostegno delle persone che si trovano in difficoltà». «Ma appoggiare un governo Berlusconi no, l'idea di un governo di larga coalizione non sta né in cielo né in terra». Franceschini è tornato poi sulla proposta dei Democratici di un assegno in favore dei disoccupati: «Abbiamo fatto proposte finalizzate all'emergenza del 2009» e in questo contesto «anche l'assegno di disoccupazione» è una proposta per superare l'emergenza, perché «non è che pensiamo di risolvere la crisi» con questa misura. Ma il segretario del Pd, consapevole forse delle critiche che gli sono arrivate addosso, ha cercato anche di difendersi: «Non è vero che diciamo solo no. Abbiamo fatto tre proposte e sono loro ad aver detto tre no: sull'indennità di disoccupazione, l'accorpamento del referendum nell'election day e la moratoria sui precari». Infine il segretario del Pd è intervenuto sulla presidenza Rai. Spiegando che sulla storia di viale Mazzini «non c'è alcun pasticcio, ma è la legge che impone che la presidenza sia indicata dal governo ma poi votata dai due terzi del Parlamento e che quindi richiede un accordo tra maggioranza e opposizione. Serve un servizio pubblico di qualità: vorrei che in prima serata ci fosse la qualità e non solo il Grande Fratello. Se poi non fa audience non mi interessa». Tornando sugli equilibri dell'azienda il segretario del Pd ha poi spiegato che dopo la scelta della presidenza non vi sarà «alcuna collaborazione. Dopo che la scelta sarà fatta il Pd farà un passo indietro e si affiderà al Cda».

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