Fine vita, evitiamo lo stallo
{{IMG_SX}} Per uscire dalla contrapposizione frontale tra i fautori di una visione atea e libertaria e i difensori di una visione metafisica della vita umana, dovremmo abbandonare il campo dei principi assoluti e perlustrare, invece, la strada dei compromessi possibili. È una via impervia, lo so, ma sono altrettanto convinto che il dialogo, e il dialogo tra laici e credenti, se si è disposti anche ad ascoltare le ragioni degli altri, può condurre a soluzioni condivise. D’altra parte, come coordinatore di Forza Italia, insieme al “laico” Fabrizio Cicchitto, ho sempre seguito questa linea, che ha dato frutti inimmaginabili, ad esempio sulla legge 40, che neppure la Democrazia Cristiana avrebbe potuto conseguire, e che ha consentito di considerare Forza Italia la casa sia dei laici che dei credenti. In quest’ottica, ho parlato ieri a lungo con il signor Englaro per ascoltare le sue ragioni e per comprendere il suo cammino di sofferenza, uno sforzo che è proprio di qualsiasi cristiano. Al fine di ricercare una soluzione condivisa, bisogna guardare innanzitutto alle soluzioni adottate in altri Paesi, in particolare alla Francia, dove il legislatore ha regolato il fine vita per salvaguardare i diritti del più debole, in questo caso il malato, sia dall’eutanasia sia dall’accanimento terapeutico. E' questo l'argine oltre il quale il legislatore francese autorizza a non spingersi, dettando norme stringenti che regolano l'operato dell'associazione terapeutica formata dai medici e dai familiari e le decisioni conseguenti, che devono essere collegiali e trasparenti.Ora, per venire al dibattito parlamentare sul disegno di legge italiano, io penso che in via di principio idratazione e alimentazione debbano essere sempre salvaguardate, salvo però nei casi in cui c'è il rischio che pur non essendo un trattamento terapeutico, la stessa idratazione e alimentazione finiscano per coincidere con una forma di accanimento terapeutico, perché intraprese nell'irragionevole ostinazione di mantenere artificialmente in vita un malato che altrimenti sarebbe destinato a morire. In tal caso, a decidere se sospendere il protocollo di idratazione e alimentazione dovrà essere non l'astratto comma della legge, bensì il consulto tra i familiari del malato e i medici curanti, e una loro decisione comune presa al di fuori del clamore pubblico. In altre parole, al di là della vicenda Eluana e dell'accanimento mediatico e giudiziario che ha contrassegnato questo caso, io credo che sarebbe giusto compiere tutti uno sforzo di pacata riflessione per superare l'impasse in cui ci ha spinti la contrapposizione frontale tra due principi assoluti. A tal fine, piuttosto che continuare a fare del caso Englaro il cardine o il paradigma di una nuova normativa che per forza di cosa finirebbe per rivelarsi inapplicabile, credo sarebbe molto più auspicabile cercare di raggiungere insieme un punto di equilibrio che mantenga extra legem vicende rare e straordinarie come quella di Eluana.