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Il "pugile" al giudice: ho l'alibi, non c'entro

Racz Karol

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Il romeno Karol Racz continua a respingere tutte le accuse, continua a sostenere di non essere mai stato nei luoghi degli stupri. Ma nessuno per ora gli crede, tanto che ieri il giudice per le indagini prelimininari Silvia Castagnoli, al termine dell'interrogatorio di garanzia, ha lasciato dietro le sbarre "faccia da pugile". Anche ieri, dunque, nel carcere romano di Regina Coeli ha continuato a dire che la sera della violenza sessuale ai danni della donna di 41 anni, aggredita il 21 gennaio scorso alla fermata dell'autobus della linea 916, era in compagnia di "amici". Parole pronunciate senza alcun tentennamento, con la voca ferma, sicuro di quello che diceva, non ha lasciato trapelare nessuna emozione. «Ancora oggi non capisco perché sono stato coinvolto in questa storia», ha continuato a ripetere davanti al gip che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere e al suo difensore, l'avvocato Lorenzo La Marca. Per il gip, dunque, Karol Racz deve restare in carcere perché gravano su di lui il pericolo di reiterazione del reato e potrebbe fuggire dall'Italia per sottrarsi alle indagini. In base a quanto riferito dal penalista, il romeno sarebbe stato riconosciuto con molta incertezza dalla vittima della violenza che, in sede di incidente probatorio, lo ha definito solo «somigliante» ai uno dei due aggressori. La donna stessa, poi, ha espresso non pochi dubbi: "Era buio quella sera e quei due avevano il cappuccio". La vittima della violenza sessuale, durante l'incidente probatorio, si è trovata di fronte tre persone, Karol e altri due uomini dai tratti somatici molti simili. All'inizio del riconoscimento le tre persone indossavano un cappello: in questi momenti la donna avrebbe avuto alcuni dubbi nel puntare il dito contro il romeno accusato di averla stuprata. Quando invece il romeno si è sfilato il cappello, la vittima dell'aggressione al Quartaccio si sarebbe sentita poco bene e avrebbe affermato "credo sia lui". Karol Racz, inoltre, nel corso dell'interrogatorio per la violenza alla Caffarella, aveva dichiarato che il pomeriggo di San Valentino, al momento dell'aggressione nel parco, si trovava con alcuni amici "a casa", ossia nel campo di Torrevecchia. Il romeno indagato aveva inoltre affermato davanti al pubblico ministero Vincenzo Barba di essere in buoni rapporti con il connazionale Alexandru Isztoika Loyos e di non capire perché ha fatto il suo nome alla Polizia, accusandolo di aver partecipato allo stupro della ragazzina di 14 anni che stava passeggiando con il fidanzato di 16 anni. Il romeno aveva poi spiegato di essere andato a Livorno poiché lì c'era un suo amico che gli aveva promesso di fargli ottenere un posto di lavoro. Adesso il romeno "faccia da pugile" deve attendere lunedì prossimo per sperare di tornare in libertà, giorno in cui il pubblico ministero e il suo difensore si presenteranno davanti ai giudici del Tribunale del Riesame, che dovranno stabilire se scarcerare o meno lo straniero.

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