Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

BELGRADO Disco verde all'ingresso dei Paesi balcanici nell'Unione Europea, ma elevando gli standard di sicurezza e di contrasto alla criminalità, ancora non adeguati.

default_image

  • a
  • a
  • a

Questala posizione espressa dal ministro dell'Interno Roberto Maroni, che ha partecipato a Belgrado alla sesta Conferenza ministeriale sulla cooperazione nel settore della sicurezza delle frontiere nell'Europa sudorientale. Presente anche il capo della Polizia, Antonio Manganelli, che ha incontrato i suoi colleghi balcanici per tradurre nel più breve tempo possibile sul piano operativo le indicazioni del ministro. Maroni ha avuto ieri incontri bilaterali con i ministri dell'Interno di Serbia, Bosnia, Macedonia e Montenegro. Con la Serbia c'è un accordo sottoscritto nello scorso dicembre; quello con la Bosnia risale al 2002; con gli altri Paesi manca, ma c'è disponibilità a sottoscriverlo. «I quattro Paesi - ha spiegato il ministro - chiedono la liberalizzazione dei visti e l'adesione all'Ue. Noi sosteniamo i due processi, ma parallelamente ci deve essere un aumento dei loro standard di sicurezza. Con l'adozione di strumenti più efficaci contro i traffici di droga, armi e clandestini che passano per la rotta balcanica». L'Italia, ha aggiunto, «può svolgere un ruolo fondamentale in questo per ragioni storiche e geografiche». La chiave, ha sottolineato, è quella degli accordi bilaterali. Con la Serbia, ad esempio, ha rilevato, «ho dato la disponibilità a far partecipare i poliziotti serbi a corsi di formazione in Italia presso la nostra Polizia stradale. L'obiettivo è migliorare la loro capacità di controllo del traffico lungo il Corridoio 10 che attraversa Serbia, Ungheria e Grecia. Possiamo fornire sistemi di videosorveglianza e corsi di addestramento». È stato poi il capo della Polizia Manganelli, in un incontro con i suoi omologhi di Serbia, Albania, Croazia, Bosnia, Romania e Macedonia, a definire sul piano operativo le possibilità di collaborazione. Ci saranno, ha annunciato Manganelli, «squadre miste costituite dai poliziotti italiani insieme ai loro colleghi dei Paesi balcanici. L'obiettivo è costituire team investigativi per contrastare la criminalità organizzata, il traffico di esseri umani e, in Bosnia, il terrorismo. Ci saranno quindi scambi di informazioni e noi offriremo agli altri Paesi la nostra esperienza e la disponibilità a fare corsi di formazione». Saranno anche aperti uffici di collegamento nei paesi dove ancora non esistono, come ad esempio in Macedonia e Bosnia. L'efficacia della collaborazione con le forze dell'ordine italiane è stata sottolineata dal capo della Polizia albanese, che ha ricordato i buoni risultati ottenuti nell'ambito del contrasto alla criminalità organizzata e al traffico di droga. Un modello, ha rilevato, che funziona e che si può allargare anche agli altri Paesi balcanici.

Dai blog