Fabrizio dell'Orefice [email protected] «Sto ...
Il ministero, e poi il Pdl. Il partito da costruire. Giorno dopo giorno. Anche nella domenica di Inter-Roma, che per il superinterista La Russa ha un significato particolare, prima dello stadio c'è la tappa fissa alla prima sede della nuova formazione al centro di Milano. Nel tragitto in macchina, il reggente di An chiacchiera al telefono. E allora, qual è questa storia del Pdl point? «È nella strada più importante di Milano, corso Vittorio Emanuele. Ho pescato questo locale meraviglioso, al pian terreno, come un grande negozio, nell'interstizio di un contratto. Lo avremo a tempo perché onestamente non possiamo permettercelo. Sa, tutto da soli». Come da soli? «Eh sì, da soli. Intendo dire come An». Perché? Pagate tutto voi? «Già. Avevamo quest'occasione. Per mesi sono stato dietro a quelli di Forza Italia. Ma niente, non riuscivo ad avere l'ok e così l'ho aperto come An point. Poi si sono resi conto che era importante e allora l'abbiamo trasformato in Pdl point. E lo utilizziamo tutti i week end. Tutti i fine settimana ci faccio qualcosa, qualche iniziativa con la gente, è aperto a tutti». Mamma mia, che fatica fare 'sto Pdl? «Uh, guardi. Non me ne parli. Una fatica enorme, ma anche una cosa esaltante». Ma perché quelli di Forza Italia facevano storie pure per aprire una sede? «Ma non è che facessero storie. Vede, alla fine non ci sono problemi tra noi e loro. Il punto è solo di modus operandi». Modus operandi? «Prenda l'episodio che le ho appena raccontato. Quelli di Forza Italia cominciano a pensare: "Ma si può fare? E come si fa? E chi lo fa?". E magari pensano: "Facciamo un business plan". E irrimediabilmente si domandano: "E Berlusconi? Che ne pensa?". Perché è così, mi creda: Berlusconi fa anche i manifesti, fa tutto da loro. Da noi non è così. Se devo aprire un An point a Milano non è che devo chiamare Fini. Ma faranno così anche a Roma, le assicuro. Per questo le dico modus operandi». E come si trova un modo d'agire comune? «Ma lei non voleva fare un'intervista? Quando cominciamo?». Abbiamo già iniziato. «Ah, bene. Comunque il punto è che bisogna lavorare assieme e via via tutto si dipana, tutto diventa più facile». Ne è sicuro? A noi sembra che più si va avanti più aumentano i problemi. «E si sbaglia. Siete voi giornalisti che andate a caccia di scontri». Senta ma il politologo di Fini, Campi, e lo spin doctor del Cavaliere, Stracquadanio, si sono beccati proprio su queste pagine due giorni fa. «Ho tutto il rispetto per Campi e Stracquadanio, per le loro idee e per il contributo che danno. Ma il Pdl vivrebbe anche senza di loro». An invoca regole democratiche mentre Forza Italia non vuole sentirle neanche nominare. «E anche questa è la classica semplificazione da giornalista. Se lei fa un piccolo sforzo... È davanti al computer, no? Vada sul sito di Forza Italia e troverà che c'è uno statuto e ci sono delle belle regole. Casomai loro non hanno mai potuto o dovuto invocarle, utilizzarle, ricorrere alle regole. Noi sì. Abbiamo avuto gli scontri per la segreteria, Rauti contro Fini. Insomma, da noi c'è quasi sempre stata una minoranza e una maggioranza. Loro sono nati che non erano neanche previste. Non so se mi spiego...». Si spiega perfettamente. E come si trova una sintesi? Non sembra facile. «E facile non è. Ma lo stiamo facendo. Le abbiamo trovate, abbiamo fatto un'intesa sulle regole. È tutto scritto già». Ma si continua a discutere. «E ora non possiamo neanche parlare? Sa qual è la verita?». No, dica pure. «Noi stiamo facendo tutto alla luce del sole. Il Pd no. Anzi, in stile marxista-comunista misero la sordina al dibattito interno. E ora si ritrovano che il partito non sta in piedi». Correte anche voi lo stesso rischio se non ci sarà dibattito? «No, si sbaglia di grosso. Perché tra noi e il Pd esiste una differenza fondamentale. Noi il Pdl lo abbiamo fatto per scelta, mentre Prodi cadeva e andavamo verso una vittoria sicura. Loro lo hanno fatto per necessità, per far finta di essere diversi da loro stessi e sperare almeno di presentarsi davanti agli elettori». Ci sono le Europee, dentro An c'è già chi si organizza per portare i propri candidati. Significa che non voterete il capolista, un «certo» Berlusconi? «Scherza? An voterà Berlusconi. Compatta. Non diciamo sciocchezze. Poi è chiaro che i nostri candidati cercheranno i voti più tra i nostri elettori. Ma questa mi sembra una tale ovvietà che non ci vedo nulla di politico. Come è ovvio quelli di Forza Italia andranno a cercare consensi soprattutto nella loro base. Senta, smettiamola con questa storia: mi sta facendo dire delle tali banalità...». E va bene. Allora le domando questo: ci sarà un correntone di An? «Ma per carità. Che senso avrebbe? Ci sarà An, con la sua identità che difenderemo in ogni sede e su ogni scelta. E questo è quello che conta. Lo dico con chiarezza: per esempio ci batteremo perché non ci sia più alcun indulto. Ma la corrente no». Alemanno lavora a una sorta di "asse etico" con Tremonti, Sacconi, Formigoni. Che cosa ne pensa? «Leggo sui giornali. Assi, controassi. E poi penso di essere più amico io di Giulio che Gianni. Intanto lo conosco da più tempo, lo sento tutti i giorni anche più volte e poi, se vuole, sono sempre andato d'accordo con lui, l'abbiamo pensata molto spesso allo stesso modo. Non so se Alemanno possa dire lo stesso». Ci sarà una componente cattolica contro una laica? «È una discussione fuorviante questa. Dobbiamo uscire da questo avvitarsi attorno alle persone, agli uomini, ai nomi. Perché se parliamo di cose concrete non c'è nessuno più unito del Pdl. Ecco, parliamo di idee, portiamo il dibattito sulle idee e non sulle persone». Intanto i gruppi hanno convocato un'assemblea, lei e Verdini lo sapevate? «Ma che domanda è? Mi pare giusto che si facciano assemblee per discutere, Verdini e io siamo due deputati. Poi, che si possa perfezionare la comunicazione tra gruppi e partito questo è pacifico. Ricordando sempre che da quando il mondo è mondo viene prima il partito e poi i gruppi». Un'ultima domanda su una persona: Fini. Che farà? «Fini è una risorsa futura per il Pdl. Vorrei che lui e Berlusconi ragionassero attorno alla possibilità che diventi a breve anche una risorsa internazionale». E che vuol dire? «Mi lasci essere un po' sibillino».