Alemanno alza la voce «Silvio, fatti votare»
E non sono partite da secondo piano perché decideranno gli assetti futuri del partito. An spera di strappare almeno sei segretari regionali, il sindaco di Roma ha già ipotecato quello del Lazio, che significherebbe mettersi in pole position per ottenere la candidatura alle Regionali per il prossimo anno. Vorrebbe anche l'Abruzzo, le Marche o l'Umbria. Insomma, prenotare per l'ex partito di Fini quasi tutta l'Italia centrale a cui aggiungere anche il Friuli e una regione al Sud, forse la Basilicata. Insomma, Alemanno vuole contare. Sempre di più. E punta a creare un asse trasversale all'interno del nuovo partito. È l'unico leader che sia davvero riuscito a uscire dalla dinamica meramente aennina e ragioni a tutto campo, cercando alleanze sui valori, sulle idee, sulle identità. Nelle ultime settimane sta sentendo di meno al telefono Roberto Formigoni, ma solo perché il governatore della Lombardia è sempre più alle prese con questioni interne. Resiste l'alleanza forte con Giulio Tremonti. Mentre cita più spesso Maurizio Sacconi, il ministro laico che ha scoperto la fede, che ha condotto la battaglia per Eluana. E anche Sandro Bondi, proprio sul Tempo di ieri, ha scritto in sostanza di sentirsi in linea con questa linea. Poi c'è tutto il mondo An. Che mai come in questo momento lo riconosce come un leader che va oltre i confini della storica destra sociale. Dopo le ultime uscite di Fini molti della base si sono fatti avanti. Ma che Alemanno possa puntare alla leadership dell'area di destra nel Pdl è fuori discussione. D'altro canto in questi giorni il primo cittadino capitolino ha più volte ricordato l'episodio-scontro dell'estate 2005 all'epoca del referendum sulla fecondazione assistita. E a chi quei ricordi sembravano come l'inizio di una scalata, l'ex ministro dell'Agricoltura ha chiarito subito: «Fra poco proveranno a far passare Fini per un progressista. Ma non è così. Fini è un uomo che crede nei valori tradizionali, crede nella famiglia come nucleo fondamentale per esempio. E per tutti noi è e rimane un punto di riferimento». Discorso chiuso, dunque. Fini, infatti, sta conducendo i colonnelli nel traghettamento, la sua guida è fondamentale. Soprattutto nel porre il punto fermo che Berlusconi non sarà il padre padrone. Per esempio Alemanno ha spiegato ai fedelissimi che la battaglia ora si sposta sul voto del leader che si decierà al congresso. Ovvio che sia il Cavaliere, ma come stabilirlo. Il primo cittadino è contro l'acclamazione e si prepara a sottoporre al dibattito un ragionamento molto chiaro: «È un'arma a doppio taglio: è chiaro che c'è il vantaggio di avere un leader forte e fuori discussione ma così si corre il rischio che in quel modo non si avrà mai una controprova che tutti erano d'accordo. E allora, sarebbe meglio che si sgombrasse il campo. Berlusconi dovrebbe chiedere il voto. Magari a scrutinio segreto». Alemanno d'altro canto aveva già proposto nei giorni scorsi le primarie. Nessuno gli si è opposto. Ora rilancia. F. d. O.