Verrebbe da dire finalmente. Una cosa ovvia, naturale, quasi ...
Nella nostra società il sistema dei trasporti ha un'importanza vitale. Pensate a quella massa di pendolari che ogni mattina deve affrontare il calvario del viaggio verso i luoghi di lavoro. Se non abita nel centro delle città il più delle volte non è per scelta, ma per necessità. Per affitti compatibili con le retribuzioni, per sfruttare la casa di famiglia, quella famiglia che ancor oggi costituisce l'ossatura di questa società e che consente di affrontare la crisi economica facendo appello alla solidarietà. Per alcuni salotti radical chic, per chi viaggia con l'auto di servizio, magari con autista, è facile solidarizzare con chi blocca treni o metropolitane. Ma andate a chiederlo a chi si sveglia alle 5 del mattino se è egualmente solidale. Se non prova immensa rabbia quando gli impediscono di partire, oppure di tornare a casa dopo un giorno di lavoro? In fondo il governo non ha vietato gli scioperi. La nuova regolamentazione dovrebbe impedire solo il suo proliferare. Diciamo anche che se il fronte sindacale avesse una rappresentanza solida, se cioè non ci fosse un rincorrersi di sigle, siglette, gruppi più o meno spontanei sarebbe tutto più semplice. Ci sarebbero pochi interlocutori con cui l'autorità di governo potrebbe dialogare. Ma così no. Ogni volta che si discute un contratto c'è la caccia alla sedia. Non c'è un solo caso in cui non ci sia qualcuno che protesti, minacci, voglia scioperare o contesti. Anche solo per affermare l'esistenza in vita della propria sigla. Talvolta abbiamo quasi più rappresentanti che rappresentati. La Cgil, forse il maggiore sindacato italiano, una storia di lotte importanti per la difesa della dignità dei lavoratori, dei loro diritti, della loro tutela, ha scelto da tempo di recitare un ruolo politico più che quello propriamente sindacale. Questo spiega il no al testo del governo. La paura di perdere le frange più estremiste. La tentazione di passare da cinghia di trasmissione del partito della sinistra ad avanguardia. Una sfida che a sinistra c'è sempre stata e che ora vede la Cgil cercare di dettare la linea a un Pd che stenta a smarcarsi. Eppure dovrebbe essere chiaro che una forza politica che ha l'ambizione di guidare il Paese deve essere un punto di riferimento per tutto il Paese, imprenditori e lavoratori, garantiti e non. Il sindacato oggi rischia, se non cambia, di rappresentare solo i dipendenti a tempo indeterminato delle grandi aziende. Anche per questo il Pd dovrebbe liberarsi dalle proprie incertezze, dovrebbe impegnarsi nell'interesse del Paese, dovrebbe essere capace di una linea autonoma per non diventare la rappresentanza politica della Cgil. Altrimenti il declino, Franceschini o Veltroni, sarebbe assicurato. Ma mentre i vertici del Pd si interrogano, grazie al cielo c'è un governo che decide, non nell'interesse di una parte, ma di tutti i cittadini.