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Roma, 6 febbraio 1994. Silvio Berlusconi è su un palco, ...

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Già allora, quindici anni fa, molti avevano scritto parole simili a quelle di ieri scritte su Il Tempo da Alessandro Campi, politologo e direttore scientifico della Fondazione Fare Futuro, think tank presieduto da Gianfranco Fini. «Creare un partito non è lo stesso che farlo vivere e durare - scrive Campi -, specie se l'obiettivo, come in questo caso, è quello di dare compiutezza alla cavalcata solitaria e trionfale di un uomo solo e di rendere un giorno possibile il passaggio da Berlusconi al berlusconismo, inteso come famiglia o eredità politica radicata nella storia del Paese». Eppure Berlusconi ha sconfitto tutti i leader messi in campo dalla sinistra dal '94 ad oggi. Nonostante la sinistra si sia diligentemente messa all'opera per svolgere quei compiti tanto puntuali quanto astratti che il professor Campi vorrebbe che il Pdl svolgesse. La sinistra è un malato terminale tanto che il Pd di Franceschini si fonda su due pilastri più "vetero" che mai, il cattocomunismo e il giustizialismo, dopo aver accantonato il timido tentativo riformista di Veltroni. Il punto è che la politica è troppo importante per lasciarla in mano ai politologi e Berlusconi sfugge ad ogni tentativo di ingabbiarne l'esperienza in uno schema. Berlusconi è estraneo all'elite, al politicamente corretto e interpreta l'umore della maggioranza del Paese perché ha la stessa sensibilità della maggioranza degli italiani. Come ha dato più volte prova. Ad esempio, il 4 luglio del 2000, quando rivolge un duro attacco a Dino Zoff, ct della nazionale di calcio sconfitta nella finale con la Francia dei campionati europei. Berlusconi commentò: «Zoff nella finale di ieri è stato indegno: si è comportato come l'ultimo dei dilettanti: non si può lasciare la fonte del gioco, Zidane, sempre libero». Per giorni le media riversarono fiumi di indignazione contro Berlusconi; per poi scoprire che la maggioranza degli italiani era ben più che indignata contro Zoff e aveva trovato in Berlusconi chi dava loro voce e rompeva l'ipocrisia. Qualcosa di simile accade il 3 aprile del 2006, quando nel secondo confronto tv con Romano Prodi, annunciò l'intenzione di abolire l'Ici sulla prima casa, l'imposta più odiata dagli italiani. Il centrodestra rischiò di vincere le elezioni, mentre tutti i sondaggisti e commentatori davano la sinistra in vantaggio di oltre cinque punti. Le proposte di Campi sembrano perfette. Ma trascurano l'essenziale: i partiti non nascono in laboratorio, ma nel pieno della lotta politica, grazie al fatto che i protagonisti si mettono in gioco se stessi fino in fondo. Silvio Berlusconi che ha già scritto più di una pagina della storia e altre si accinge a scriverne, visto che, come ha osservato con acume dopo le elezioni sarde il giovane Alessandro De Angelis su Il Riformista, «per la prima volta l'Italia, con una maggioranza crescente, si affida democraticamente a un leader e gli dà il compito storico di traghettare il Paese attraverso la sua crisi più difficile». Il risorgimento è durato mezzo secolo, il fascismo vent'anni, la prima repubblica poco più di quaranta. L'era di Silvio Berlusconi, dopo i primi quindici anni, ha di fronte a se un probabile ulteriore decennio. Poi vedremo.

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