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L'infuocato dibattito di questi giorni relativo alla ormai ...

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Intendiamoci, la galera per il giornalista non rappresenta esattamente il massimo delle aspirazioni in un moderno stato democratico. Ma viene sinceramente da chiedersi come e perché il diritto- dovere di cronaca, già di fatto prevalente sul segreto processuale, ormai divenuto un segreto di pulcinella debba prevalere anche sul diritto alla privacy, con riferimento a conversazioni e vicende assolutamente private che spesso nulla hanno a che vedere con le indagini e con fatti penalmente rilevanti. È singolare e doloroso che i più importanti fatti di cronaca e d'indagine abbiano avuto, ormai da anni a questa parte, ampio ed impressionante risalto giornalistico non per indiscrezioni legate ai fatti d'indagine, ma per particolari personali, intimi, a volte pruriginosi e comunque legati alla sfera del privato, sistematicamente lanciati in ampi stralci integrali di conversazione che spessissimo hanno visto coinvolti sui giornali e non nelle indagini persone estranee e del tutto ignare. Un obbligo di onestà intellettuale va anche aggiunto, specie nelle indagini che hanno visto indagati eccellenti, che l'attenzione dell'opinione pubblica è stata spesso indirizzata, più sui fatti delle indagini, su vicende private estranee alle stesse. Sia consentito, allora, chiedere, se questa non sia una barbarie e se, a prescindere dall'intervento del legislatore, non si pongano piuttosto dei seri aspetti di recupero deontologico rispetto ad un perverso circuito mediatico- giudiziario che ha visto e vede, senza che nessuno abbia mai pagato, cittadini inermi finire in un tritacarne di pettegolezzo e degrado morale, estraneo agli esiti processuali, ma determinante ai fini della creazione di danni spesso irreversibili rispetto ad un bene della vita che oggi chiamiamo privacy, ipocritamente tutelato dall'Ordinamento giuridico e di fatto completamente svilito in una società ormai perversamente abituata a nutrirsi di sfoghi morbosi legati a vicende personali che spesso ormai priva di una reale capacità critica rispetto alla concreta rilevanza penale di determinate vicende. Probabilmente un forte recupero delle pene pecuniarie potrebbe garantire un risultato anche superiore al deterrente, invero piuttosto odioso, del carcere. Ma un carcere dello spirito ed un inferno per l'anima diviene oggi l'essere sparato per un cittadino sulle pagine di un giornale, senza alcuna possibilità di difesa, perché con riferimento a fatti personali, intimi ed a volte penosi. Dispiace dirlo, ma oggi non gli indagati, eccellenti o meno, non i giornalisti, di certo non i giudici o gli operatori della polizia, ma proprio questi inermi cittadini appaiono oggi bisognosi di tutela ed è ad essi che per la prima volta, forse, in maniera perfettibile, ma comunque coraggiosa, il Governo ha voluto dare risposta. Altre risposte, anche autocritiche forse dovremmo cercare di darle tutti a noi stessi. L'alternativa finisce, altrimenti, per essere quella di un ultima, definitiva deriva moralistica di un paese senza morale, sempre più privo di precisi punti di riferimento valoriali e dove una delle poche possibilità di salvezza sembra proprio quella d'impedire che il nome del diritto di cronaca ci consenta la non cronaca, quindi la non notizia, quindi il disimpegno colpevole verso vite distrutte e date in pasto ad un opinione pubblica sempre più morbosa, perché sempre più informata ma sempre meno critica. *Deputato Pdl

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