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Il commento

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Oggi torniamo attori di un'attività di frontiera che risponde ad oggettive necessità del Paese e contemporaneamente consente di sostenere l'industria nazionale in un settore di rilevanza strategica dopo la scomparsa in altri settori di rilievo come la chimica, la farmaceutica, la siderurgia, per indicarne alcuni. Il presidio ridotto che ha funzionato egregiamente tanto nelle Università che nell'industria può ripartire aggregando le forze necessarie a recuperare il tempo perduto. Importante è la scelta della filiera degli EPR, reattori di terza generazione caratterizzati da elevatissimi livelli di sicurezza, che ha una ragion d'essere perché l'Enel già collabora da tempo con i francesi nella realizzazione di queste macchine per cui i nostri tecnici non partiranno da zero ma potranno apportare le loro competenze già felicemente testate ed apprezzate all'estero. L'unicità della scelta è importante perché, per raggiungere in tempi ragionevoli il successo, è necessario non disperdersi in linee parallele che vanificherebbero ogni tentativo di velocizzare la costruzione delle centrali previste. Si prefigura così un embrione del Piano Energetico Nazionale che andrà redatto rapidamente per integrare il nucleare con le altre fonti, incluse le rinnovabili, in modo da ridurre la dipendenza del Paese dagli idrocarburi e, soprattutto, per ridurre i costi del kilowattora che penalizzano pesantemente l'industria nazionale rispetto ai competitori stranieri. Secondo copione, immancabili sono arrivate le reazioni dell'opposizione. Il Ministro ombra del Pd afferma che il nucleare «non è competitivo in occidente e che bisogna potenziare la ricerca sulle centrali di quarta generazione»: come spiegare allora le 435 centrali in esercizio e le 29 in costruzione, con più della metà del totale in Occidente? Sono tutti pazzi gli altri governanti? Come si può potenziare la ricerca sulla quarta generazione se prima non operano quelle di terza in modo da individuare eventuali migliorie? Ancora più disarmanti sono le consuete contestazioni sui costi e sulle scorie. I costi sono rilevanti ma non minori di quelli di altri tipi di centrali se considerati nella globalità della vita di produzione; il problema delle scorie esiste ed è affrontato globalmente a livello europeo per arrivare ad individuare un sito unico. Peraltro la loro gestione, com'è ben noto, rappresenta un rischio «potenziale» molto minore di quello «certo» dalle immissioni in atmosfera degli agenti inquinanti prodotti dai fumi degli idrocarburi o del carbone. Un'opposizione onesta e documentata rappresenterebbe un importante contrappeso del governo garantendo un dibattito serio ed una pluralità di vedute che potrebbero facilitare scelte meditate e, possibilmente, condivise. Questi invece affermano tutto ed il suo contrario perdendo ogni credibilità: così fanno male solo a sé stessi. All'Italia lo hanno già fatto.

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