Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Ue, lo Stato salvi le banche

Almunia

"Nazionalizzare ma non in Italia"

  • a
  • a
  • a

È allarme rosso per le banche europee. E mentre la Commissione Europea in un documento che sarà discusso domani invita i governi a non sottovalutare l'ipotesi di nazionalizzare gli istituti di credito colpiti dalla crisi, il presidente della Banca Centrale Europea, Jean Claude Trichet ha ammesso ieri, per la prima, volta la possibilità che si produca in Eurolandia il credit crunch, un meccanismo perverso che si verifica quando le banche chiudono i rubinetti del credito, aggravando la recessione, che a sua volta mette a rischio la stessa attività di finanziamento.   Una spirale negativa che, se non fermata, rischia di far fare all'economia un balzo all'indietro di decenni. Ma tant'è. La situazione non ammette esitazioni e Bruxelles nella bozza sulle linee guida per gestire gli asset tossici (i titoli ad alta speculazione nascosti nei bilanci delle banche) anticipata dall'Adn-Kronos ha invitato i governi a valutare, ove necessario, la possibilità di nazionalizzare le banche colpite dalla crisi. Nel quadro della condivisione degli oneri, si potrebbe considerare «l'opzione della nazionalizzazione», si legge nel documento. I prerequisiti per minimizzare i rischi, sottolinea la Commissione, prevedono «la piena trasparenza ex-ante e la rivelazione degli asset deteriorati delle banche scelte a godere dell'aiuto, sulla base di un'adeguata valutazione, certificata da esperti indipendenti e convalidata da un'autorità di supervisione del settore. Questa rivelazione degli asset deteriorati dovrebbe avvenire prima dell'intervento del governo». «Una volta che gli asset siano stati valutati nel modo appropriato e siano state identificate le perdite che porterebbero a una situazione di insolvenza senza l'intervento dello stato, la banca dovrebbe essere messa in amministrazione controllata o liquidata, secondo la legge nazionale e comunitaria». Nel frattempo, conclude Bruxelles, la banca potrebbe beneficiare di aiuti sotto forma di garanzia o di acquisto di asset limitato allo stretto necessario per continuare ad operare per il periodo necessario a trovare un piano o per la ristrutturazione o per la liquidazione. Insomma la situazione è grave. E non è escluso che sull'impostazione del documento abbia inciso la diagnosi sullo stato del credito che ieri ha fornito la Bce. Il presidente Jean Claude Trichet ha infatti detto che Eurolandia comincia a mostrare «i primi segni di una flessione del credito», che se dovessero consolidarsi potrebbero precipitare il sistema bancario, già in «grave tensione», in una spirale negativa. In altre parole in un possibile quanto disastroso stop all'erogazione di credito alle aziende e alla famiglie. Per uscire dall'impasse non basterà tagliare i tassi, che la Bce potrebbe ridurre di mezzo punto all'1,5% a marzo: l'allerta lanciato ieri dalla Bce potrebbe spianare la strada a quelle misure ulteriori chiamate «allentamento quantitativo», come l'acquisto di obbligazioni sul mercato, sul quale finora Trichet finora ha sempre frenato. I due allarmi hanno messo a dura prova i titoli bancari in tutta Europa. E soprattutto in Italia. La volatilità a Piazza Affari è stata impressionante: Intesa Sanpaolo, reduce da un crollo del 15%, ha oscillato tra un rialzo dell'8,71% e un ribasso dell'1,69%. Alla fine la chiusura è stata in calo dell'1,46% ai nuovi minimi di 1,75 euro. Sotto tensione anche la Popolare di Milano e il Banco Popolare sospese al ribasso a causa della volatilità. A tenere solo Unicredit (+3,68% a 0,92%) per la conferma dell'obiettivo di utili di 4 miliardi nel 2008.

Dai blog