Nicola Imberti n.imberti@iltempo.it Si dice che le colpe ...
E non tutti di facile soluzione. Certo, fanno notare dalle parti di via del Nazareno, lui almeno prende delle decisioni. Ma a volte non basta. Tanto che, mentre Franceschini sprona i dipendenti del Pd a «rimboccarsi le maniche e a lavorare a testa bassa» in vista delle europee, convinto che, «alla fine, se si lavora i risultati arrivano», al Senato va in scena il solito dramma sulla bioetica. Il «palcoscenico» è quello della commissione Sanità dove si sta esaminando il ddl presentato dal Pdl sulle «dichiarazioni anticipate di trattamento». Il Pd presenta un emendamento sul tema più delicato: quello della sospensione di idratazione e nutrizione. Ma il capogruppo in commissione Dorina Bianchi non lo sottoscrive. Uno strappo cui si aggiunge l'iniziativa solitaria di Francesco Rutelli. Anche lui, incurante della posizione del gruppo, presenta un proprio testo. Una «terza via» tra chi sostiene che nutrizione e idratazione non possano essere assolutamente sospese e chi, invece, invoca l'autodeterminazione del paziente. Secondo l'ex leader della Margherita, fermo restando che si tratta di «forme di sostegno vitale fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e quindi non oggetto della dichiarazione anticipata di trattamento», il tutto deve risolversi nel confronto tra medico curante e fiduciario. Sul tema, insomma, il Pd è nel caos più assoluto. Ma Franceschini, nonostante le voci che annunciavano una riunione del gruppo per oggi, non sembra intenzionato ad intervenire ufficialmente. In fondo il neosegretario ha ben altri problemi da risolvere. Anzitutto deve difendersi dagli attacchi di chi, all'interno del partito, non condivide affatto la sua elezione. È il caso del candidato sindaco di Firenze Matteo Renzi che, in un'intervista alla Stampa, spara a zero: «Non avrei votato Dario. Se Veltroni è stato un disastro, non si elegge il vicedisastro per gestire la transizione». E mentre ognuno dice la sua sulla necessità di guardare verso l'Udc o di ammiccare alla sinistra radicale, in un'intervista al Tg1 il neosegretario dichiara: «La prima cosa è la più semplice, smettere di litigare. I nostri elettori sono stanchi di vedere persone che fanno parte della stessa squadra che cercano il protagonismo, che cercano di farsi vedere, di differenziarsi, anziché insieme andare contro l'avversario. Penso che lo stesso discorso dovrebbe valere per l'opposizione. Il momento delle alleanza verrà tra qualche anno. Adesso dovremmo contrastare tutti insieme il governo Berlusconi». Non va meglio se si guarda poi, al lavoro che Franceschini sta facendo sull'organizzazione del partito. Due le note dolenti: i capigruppo e il responsabile dell'organizzazione. Per la prima casella si parla di una promozione di Pierluigi Bersani al posto di Antonello Soro, ma questo significherebbe affidare entrambi i gruppi a due dalemiani con malumore assicurato dei fassiniani. Diverso il discorso dell'organizzazione. Sulla poltrona siede oggi Giuseppe Fioroni, ma dopo l'elezione di un ex Dl a segretario, il posto spetta ad un ex Ds. Il favorito è Maurizio Migliavacca, già uomo macchina del Botteghino e grande organizzatore dell'Assemblea nazionale che sabato ha eletto Franceschini. Stamattina, in ogni caso, il neosegretario incontrerà le presidenze dei due gruppi Pd di Camera e Senato con i quali discuterà anche della possibilità di aprire a amministratori locali e giovani le porte degli organismi dirigenti. E magari farà pure un pensiero sul prossimo presidente della Rai. Claudio Petruccioli spera in una riconferma, ma Franceschini, per ora, sembra voler prendere tempo. Una cosa per volta.