Il Pd va alla conta, è tutti contro tutti
Franceschini verso la segreteria
{{IMG_SX}} Sulla carta la scelta verrà affidata a 2.800 persone ma solo stamattina, guardando la platea romana, si saprà quante saranno quelle effettivamente presenti. Un'incertezza che preoccupa i vertici del partito e che rende l'esito finale assolutamente imprevedibile. Anche per questo il coordinamento si è riunito per l'ennesima volta ieri sera (ancora una volta il veltroniano Goffredo Bettini lo ha disertato) per cercare di trovare un modo per evitare che l'Assemblea decida di andare ad un congresso anticipato e alle primarie. Ma mentre al Nazareno si lavora con codici e statuti, l'immagine che il Pd dà all'esterno è quella di un partito allo sbando. Incapace di rialzarsi dopo le dimissioni di Walter Veltroni. E se fino ieri l'imperativo categorico era non dividersi, oggi ognuno porta avanti la propria battaglia. Senza timore. Così Francesco Rutelli ha affidato a Facebook la sua riflessione sui 16 mesi di regno veltroniano. «Le dimissioni di Veltroni - esordisce - sono un colpo durissimo al progetto del Pd. Lo avevamo scelto e sostenuto per far nascere un partito nuovo, non per mediare tra sensibilità divergenti, poiché avevamo creduto nel suo profilo politico-culturale e sperato nella sua capacità di guida. Una questione è infatti ineludibile, nella politica contemporanea: senza leadership, non esistono progetti politici. E il fallimento di una leadership può vanificare il più ambizioso dei progetti politici». In ogni caso il giudizio dell'ex leader della Margherita è netto: «Sedici mesi di vita del Pd sono andati perduti irrimediabilmente senza che fossero messi in campo progetti riformatori solidi». Rutelli elenca minuziosamente gli errori del partito: «Mentre esplodeva la crisi finanziaria per mesi si è baloccato con una petizione "Salva l'Italia" priva di contenuti. Poi ha seguito agende estemporanee dettate dal giorno per giorno, dal referendum sulla legge Gelmini all'ipotesi di referendum sul testamento biologico». A questo punto, aggiunge, «ci sono cento giorni, prima di un'importante tornata elettorale, per salvare l'idea, la speranza e la forza del Pd. Si può riuscire solo con la proposta e l'azione politica». Altrimenti si «rischia la più precoce delle estinzioni, come le specie che non riescono ad adattarsi al cambiamento del loro ambiente». Ma non è solo Rutelli a criticare la gestione di Veltroni. Anche Massimo D'Alema, che in questi giorni è stato spesso evocato come il mandante «dell'omicidio politico» del segretario, rompe il silenzio e dalle pagine di Repubblica prima esprime la propria vicinanza a Walter, poi accusa: «Le condizioni di maggiore solidarietà non si ottengono mettendo il bavaglio al dibattito politico, ma promuovendolo e indirizzandolo verso esiti condivisi. E questo è il vero problema di questi mesi. Si è creduto di andare avanti con una scorciatoia: il rapporto taumaturgico tra un leader e le masse. E non ha funzionato. Serviva e serve un gruppo dirigente che collabora, e che è capace di una riflessione profonda, poi di una mediazione e infine di una decisione. Insomma, serve la politica. E a mio avviso è proprio questa che è mancata. E di qui nascono le nostre difficoltà. Non dai complotti, non da chi ha remato contro, ma da scelte insufficienti, o confuse». Sia Rutelli che D'Alema, però, a meno di clamorose sorprese, dovrebbero schierarsi dalla parte di Franceschini anche se il lìder Maximo, da Napoli, lo avverte: «Non si tratta qui di giudicare una persona, che è sicuramente rispettabile, giovane, intelligente. Ascolteremo le sue intenzioni politiche». Già, perché in fondo è su queste che il vicesegretario del Pd, giocherà il proprio futuro. I nodi da sciogliere sono molti: dalla collocazione del Pd in Europa alla bioetica, passando per l'atteggiamento da tenere nei confronti della crisi economica (con Confindustria o con la Cgil?) e del governo. Cha farà poi Fraceschini per dare un segnale di novità al partito? Azzererà il vertice e coinvolgerà forze fresche o rimarrà incastrato nel gioco delle correnti? Proprio su questo punto, ieri, alcuni amministratori locali (tra cui i governatori Vasco Errani, Mercedes Bresso e Piero Marrazzo, i sindaci Leonardo Domenici e Sergio Chiamparino, il presidente della Provincia di Rieti e presidente dell'Upi Fabio Melilli) hanno inviato una lettera a Franceschini per chiedere «immediati segnali di discontinuità» sul piano degli organismi dirigenti con «l'azzeramento del governo ombra e del coordinamento politico». C'è poi la «fronda» che chiede un congresso immediato (gli ulivisti di Arturo Parisi, ma anche Sergio Cofferati) o in alternativa le primarie (è già pronta una mozione dei veltroniani Enrico Morando e Stefano Ceccanti). Stamattina toccherà ad Anna Finocchiaro aprire i lavori dell'Assemblea. Una breve introduzione per spiegare l'orientamento dei vertici e esporre le alternative previste dallo statuto: elezione immediata del segretario o scioglimento dell'assise e convocazione del congresso. Poi il voto. Affatto scontato.