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Avanti tutta, il Cavaliere ignora i Democratici

Silvio Berlusconi

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Semplicemente perché, come ripete Silvio Berlusconi più volte, «noi dobbiamo pensare al governo del Paese. E comunque, io non posso fermarmi e aspettare che loro si riprendano». Quindi, morto un Papa se ne fa un altro. Solo ieri la Camera ha votato la fiducia sul decreto milleproroghe, e il Senato ha approvato in via definitiva la riforma della legge elettorale per le Europee. Due traguardi importanti. E stamattina ci sarà il Consiglio dei ministri con all'odg il decreto «anti stupri». Senza dimenticare che c'è la riforma federale sulla quale lavorare, e su cui la Lega continua a fare pressing. Dunque di cose da fare ce ne sono e quindi «bisogna andare avanti». Senza eccessivo fair play Berlusconi ieri è tornato sui travagli del Pd, per dire che in definitiva gli importa poco chi prenderà il posto dell'ex segretario Veltroni. Preoccupato di non aver di fronte una opposizione strutturata? «No. Ormai è un'abitudine - risponde il Cavaliere sfoderando un sorriso istrionico -. Sono 15 anni che sono in politica e mi sono confrontato con sette leader diversi, che sono andati a casa. Arriverà l'ottavo e credo non vorrà tradire la regola della sinistra...». Ciò detto, il Cavaliere gira le spalle, entra nei saloni di Villa Madama e va ad occuparsi di G20 e G8 nel vertice con il premier britannico Gordon Brown. Tanto per confermare - cosa che il premier ha ricordato in queste ore a più di un interlocutore - che a lui preme governare il paese, responsabilità che gli elettori gli hanno conferito, senza perdere tempo a seguire i tormenti della sinistra. Il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, dalle colonne del Corriere della Sera, prova a mettere in guardia il premier, sul fatto che «le dimissioni di Veltroni possono creare problemi anche al governo». Se Confalonieri si rammarica e paventa un ritorno al «multipartitismo», Berlusconi tira dritto, pur nell'auspicio che ci possa essere un'opposizione (certo non questa, va ripetendo il premier) con cui confrontarsi e trovare accordi. Essendo ancora incerto il nome dell'ottavo leader della sinistra, è presto fatto invece l'elenco dei sette che il Cavaliere dice di aver visto avvicendarsi davanti ai suoi occhi: Achille Occhetto, Giuliano Amato, Francesco Rutelli, Piero Fassino, Romano Prodi e, naturalmente, i Castore e Polluce del Pd, Massimo D'Alema e Walter Veltroni. A rendere invece l'onore delle armi a Walter Veltroni il leader del Carroccio, Umberto Bossi. «Ora diventa difficile, perchè bisogna sempre trattare, ma non sappiamo con chi», afferma conversando nel Transatlantico di Montecitorio, convinto tuttavia che il federalismo passerà. «Veltroni farà ancora politico. Penso però che sarebbe stato meglio se avessero fatto il congresso, così sarebbe uscito uno che avrebbe guidato il partito. Così è pericoloso. Anche se mi pare che si stiano muovendo e si troverà una via d'uscita». A Villa Madama, per seguire la conferenza stampa tra il premier e Goprdon Brown ci sono numerosi giornalisti. In finale, ecco arrivare un siparietto del capo del governo. Al momento di lasciare la parola ai cronisti il presidente del Consiglio, cambia idea circa la possibilità per i giornalisti di fare solo due domande. «No, tre - dice Berlusconi sorridendo - ne aggiungo una per imposizione del dittatore Berlusconi».  

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