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Scajola: "Confindustria fa il corvo"

Scajola

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Scajola punta dritto al cuore della Confindustria. È da mesi che il ministro dello Sviluppo Economico non riesce a digerire quei bocconi amari che gli serve con regolare puntualità il centro studi dell'associazione degli industriali. Con incredibile sincronia appena esce una previsione negativa di un organismo internazionale tipo Ocse o Fmi, sull'evoluzione della crisi economica, fanno notare al ministero, ecco che Confindustria rilancia in negativo. «Vedo sempre posizioni dure di Confindustria e ogni volta c'è un carico» ha sbottato ieri Scajola riferendosì alle ultime previsioni sul Pil riviste ulteriormente al ribasso (oltre il 2,5% in corso d'anno). Già in passato lo stesso Berlusconi si era lamentato dei messaggi pessimistici che non fanno altro che diffondere sfiducia e di conseguenza deprimere i consumi. Ma la litania delle stime con il segno meno è continuata inarrestabile. Sicchè ieri Scajola ha invitato a non «cedere alla rassegnazione» anche perchè lo stesso Fondo ha sottolineato che «nel nostro Paese la crisi si è manifestata con caratteri meno accentuati rispetto ad altri Paesi industrializzati. Abbiamo certo un problema di crescita ma - ha aggiunto Scajola - non si è verificata l'implosione del mercato finanziario nè il collasso del settore immobiliare e il governo sta facendo il possibile, nel rispetto dei vincoli di bilancio, per salvaguardare la struttura produttiva del Paese». Scajola parlando ai metalmeccanici della Cisl ha ricordato che «secondo le recenti stime del Fondo monetario internazionale la ripresa per l'Italia arriverà nel 2010. Ma si tratta sempre di previsioni e nessuno può dire oggi se saranno confermate, tanto meno quei centri studi nazionali che si compiacciono di diffondere pessimismo». Per il ministro la crisi va affrontata con razionalità ma anche con ottimismo. Che tra Scajola e la Marcegaglia ci sia una certa freddezza è esplicito. Al ministro non sarebbe andato giù il modo tiepido con cui la presidente della Confindustria ha accolto le misure anti crisi, dall'auto agli elettrodomestici. Un vero sforzo a fronte di risorse di bilancio davvero risicate. Eppure da viale dell'Astronomia il commento è stato: si poteva fare di più. Ieri è arrivata un'altra proposta della Confindustria per aiutare le piccole e medie imprese. Lasciare per un anno il Tfr in azienda, per assicurare alle imprese una maggiore e immediata liquidità o, in alternativa, farlo confluire in un fondo di garanzia per il credito. Nel primo caso si tratterebbe di bloccare i fondi pensione. Dopo la riforma del 2007, infatti, il trattamento di fine rapporto viene volontariamente destinato ai fondi complementari o lasciato in azienda, ma in questo caso, nelle imprese sopra i 50 dipendenti confluisce in un apposito fondo dell'Inps. La Marcegaglia propone di non mandare per un anno i flussi di Tfr nell'Inps, ma di trattenerli dentro le imprese. Il fondo di garanzia servirebbe a facilitare l'accesso al credito presso le banche. Questa misura servirebbe soprattutto le piccole e medie imprese che non hanno la stessa forza contrattuale di quelle di maggiori dimensioni. Scajola ha subito precisato che gli interventi devo essere «compatibili con la finanza pubblica». La proposta di Confindustria ha avuto il via libera dalla Cgil che la ritiene «legittima» purchè non coinvolga la parte di Tfr destinata ai fondi pensione complementari.

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