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L'addio di Walter Veltroni

Walter Veltroni

"Scusate, non ce l'ho fatta"

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{{IMG_SX}} Lui no. Il segretario del Pd aveva capito che quelle tabelle erano il simbolo inequivocabile di un sconfitta. L'ennesima. Difficile sapere cosa abbia pensato. Quali siano state le sue considerazioni. Fatto sta che i suoi collaboratori assicurano che, prima di lasciare il Nazareno, Veltroni era quello di sempre. Per niente intenzionato a lasciare campo libero a quelli che, davanti alla debacle, sarebbero tornati a chiedere con insistenza la sua testa. Ma la notte ha lentamente eroso quella sicurezza. E il risveglio, con i 9 punti di distacco tra il vincitore Ugo Cappellacci e lo sconfitto Renato Soru e gli oltre 10 punti persi dal Partito Democratico, ha fiaccato anche l'ultima resistenza. Così Veltroni, senza dire niente a nessuno, si è presentato davanti al coordinamento del Pd e ha rassegnato le proprie dimissioni. «Mi assumo le responsabilità mie e non - avrebbe detto il segretario -. Basta farsi del male, mi dimetto per salvare il progetto al quale ho sempre creduto». Parole che hanno letteralmente spiazzato i presenti. Ma Veltroni non ha mostrato alcuna esitazione. «Non posso rimanere - avrebbe continuato - per far logorare me e la possibilità del Pd di esistere. Spesso mi sono trovato i bastoni tra le ruote. Io mi assumo le mie responsabilità e quindi mi dimetto per salvare il partito». Un sacrificio che i presenti hanno cercato di scongiurare. E mentre fuori dalle stanze del Nazareno si moltiplicavano le dichiarazioni contrarie alle dimissioni, dentro il dibattito diventava serrato. I membri del coordinamento (tra gli altri Goffredo Bettini, Pierluigi Bersani, Enrico Letta, Antonello Soro e Anna Finocchiaro) hanno cercato di far ragionare il segretario. Gli hanno spiegato che una scelta così drastica avrebbe solamente peggiorato la situazione, gli hanno chiesto di pensarci bene. Walter si è preso del tempo per riflettere. La riunione è stata interrotta per circa due ore. Ma, quando alle 16.30 si è ripresentato davanti al coordinamento, ha semplicemente confermato le sue dimissioni. L'ufficialità è arrivata quando, poco dopo le 17, il portavoce del Pd Andrea Orlando ha letto, davanti a un plotone di giornalisti, una nota ufficiale: Dario Franceschini proporrà stamattina al coordinamento (convocato per le 8.30) il percorso da seguire dopo la decisione del segretario; Veltroni spiegherà alle 11, presso il tempio di Adriano in Piazza di Pietra, le motivazioni che lo hanno portato alle dimissioni. Alla buvette del Transatlantico un paio di deputati del Pd «festeggiano» con un crodino («lo champagne - dicono ironici - darebbe troppo nell'occhio») mentre fra gli uomini di Walter prevale la rabbia. «Non sono d'accordo - spiega Ermete Realacci -. Io al posto suo non l'avrei fatto. Chi ha lavorato a questo progetto, credendoci, non meritava una scelta del genere». Ma ormai il «dado è tratto». Qualcuno ancora ci spera, ma difficilmente stamattina Veltroni tornerà sui suoi passi. Ieri sera intando, intorno alle 21, l'ormai ex segretario, dopo aver trascorso gran parte del pomeriggio nella sua stanza a ricevere telefonate (tra cui quelle del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, di Gianfranco Fini, Gianni Letta, Pier Ferdinando Casini e Romano Prodi) ha lasciato in silenzio il Nazareno. Forse per l'ultima volta.  

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