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Alemanno insegna l'identità: "Basta fast food"

Il sindaco Alemanno

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Le foibe, la visita al campo profughi, il racconto degli esuli, italiani sfrattati dalle loro terre e dimenticati dalla loro patria. Il sindaco è rimasto al dopo cena, c'è il dibattito con gli storici, le domande dei ragazzi. Solo alla fine riprende la parola e si lascia andare, prova a volare alto: «Non bisogna mai perdere l'orgoglio di essere italiani, e lo dico a voi che avete il compito di realizzare l'Europa». Torna a parlare delle identità nazionali che hanno fatto l'Europa. Un'Europa unita ma diversa, che contiene diversità, parla delle minoranze etniche come una ricchezza: «In passato sono state un meccanismo di separazione ma oggi possono diventare un ponte». Di qui l'invito ai ragazzi ad andare a riscoprire le identità, «guai a farle scomparire perché si creano vuoti pericolosi». Dunque le identità che vanno difese altrimenti il rischio «è quello di cadere nell'omologazione. Bisogna mantenere la propria identità — insiste Alemanno — Non è possibile che ovunque ci si sposti si trovi un McDonald's. La forza dell'Europa è quella di essere uniti nelle diversità». Perché, spiega Alemanno, la globalizzazione crea due mostri: «Cancella le identità e il rapporto tra i popoli diventa ispirato solo da logiche di mercato». L'appello quindi è di andare a cercare le identità culturali e anche culinarie. Riscoprire le tradizioni. Sono temi che il primo cittadino conosce bene. Le sue battaglie da ministro delle Politiche Agricole a difesa della passata di pomodoro, del pesto alla genovese, della mozzarella di bufala, del parmigiano reggiano. Furono il suo manifesto politico, quello che illustrò per la prima volta sul palco della Fiera di Bologna al congresso di An del 2002. E sono anche le battaglie storiche della destra, di una certa destra. Quella destra che manifestò contro l'apertura del Mc Donald's a piazza di Spagna negli anni Ottanta. E tra loro c'era proprio un giovane Alemanno in prima fila. La destra sociale che a Napoli, guidata da Antonio Parlato, impedì l'apertura di un ristorante in centro storico nel '91. Che l'anno dopo si mise a protestare distribuendo pasta e fagioli all'inaugurazione di un fast food a Pompei. O quella non rautiana - stavolta guidata da Fabio Rampelli - che regalò, per analoga manifestazione, ai passanti di corso Vittorio bucatini all'amatriciana. O ancora quella che nel '97, in questo caso capitanata dal fedelissimo di Alemanno Marco Marsilio, protestava contro l'apertura di un Mc Donald's in via Cavour: «L' amministrazione comunale ha più volte dichiarato - protestava Marsilio con l'allora primo cittadino Rutelli - di voler tutelare il settore del piccolo commercio. Ma contemporaneamente assistiamo al moltiplicarsi di catene di ristorazione veloce, le quali oltre al grave impatto socio-economico che comportano, minano le caratteristiche specifiche delle zone del centro storico snaturate dalla crescente utilizzazione degli edifici come uffici e sedi di rappresentanza». No fast food, sì slow food con l'asse di Alemanno con Carlin Petrini, l'ideologo del mangiare lento, del cibo locale. Il sindaco non molla, insomma. E qualcosa della sua linea s'era già intuita con l'abolizione dei menù etnici nelle scuole romane all'insegna della riscoperta dei piatti capitolini. L'altra sera un nuovo messaggio che sa di antico, di tradizione. Di coda alla vaccinara.

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