"Il Pdl? Non si può fare senza primarie"
Il sindaco sceglie di lasciare l'autoblù e di salire sul bus tra giornalisti e studenti, un po' informale, per arrivare a Pola, due ore di viaggio. A bordo, si lascia andare. Chiacchiera. Si mette in ginocchio su una poltroncina in prima fila per guardare chi gli sta seduto dietro. Il clima è da gita scolastica nonostante il sindaco sia nel suo vestito blu, camicia bianca e cravatta blu d'ordinanza campidogliesca. Gli chiedono se la politica per i giovani può essere un deterrente nel dilagare del male, e lui ricorda: «Quando negli anni Settanta ci davamo da fare riempivamo le piazze. Ma appena andavamo via arrivavano gli spacciatori», racconta Alemanno. E aggiunge: «Dopo la caduta delle ideologie però, c'è stato il vuoto». E quel vuoto non sarà colmato dai partiti? «Prima dalla cultura e dai valori - risponde il sindaco -. Anche per questo siamo venuti qui, in Istria e Dalmazia. Per far capire ai giovani che cosa è successo, che cosa hanno prodotto i totalitarismi». E oggi? Che risposta può dare il Pdl? Berlusconi può colmare quel vuoto? Non c'è piuttosto un deficit anche nel centrodestra? «Nel Pdl ognuno entra per quello che è e per quello che è in grado di portare». Be', però An ha una sua storia e Forza Italia ne ha una completamente diversa. «Non conta - insiste Alemanno -. Guardate Tremonti. Dice e scrive esattamente le stesse cose che dico io. E non da oggi, da anni, da quando cioé se ne prese uno sabbatico nell'altro governo. Oppure Sacconi e la sua battaglia per i valori. Eppure proveniamo da storie diverse. Eppoi anche Forza Italia non è più quella che si crede, non è più il partito di plastica. Hanno avuto anche loro i meccanismi di selezione della classe dirigente». E il Pdl? «Il Pdl - risponde il primo cittadino - non dovrà essere nè il partito dei gazebo nè il partito delle tessere. Dobbiamo immaginare nuovi meccanismi che ancora non abbiamo individuato, è per questo che stiamo discutendo tanto. Non si può fare il partito all'americana senza le primarie». E non si rischia di rompere tutto? «Guardi che è un dibattito che attraversa i poli. Nel Pd la situazione è ancora più grave, ci sono gli stessi problemi. L'altro giorno ho parlato con Domenici (sindaco di Firenze, ndr) e mi gridava: "Voglio un partito vero, con le sezioni, il congressooo!"», ride Alemanno nel fare l'imitazione del collega e presidente dell'Anci. Poi torna serio: «Ma vi ricordate che nel Pd c'era chi diceva che il loro congresso non era necessario. Insomma, mi pare che soprattutto a sinistra si corrano certi rischi. Penso al veltronismo, a quel modo di fare politica guardando solo in superficie. Non si va tanto lontano perché poi i problemi ti vengono al pettine». Berlusconi però ha un vantaggio rispetto agli altri, è un imprenditore, ha un impero economico, ha le tv. «Mah, Berlusconi è caduto e si è rialzato. Ha vinto le elezioni, le ha perse, le ha rivinte e le ha riperse e le ha rivinte. Tutto questo vantaggio io non lo vedo. Il punto vero è e resta i valori che si portano». Il Cavaliere e Fini sono ancora tanto diversi... «Non c'è dubbio». Fini può essere un argine? «Eh, ma la sinistra non può fare questo ragionamento. Se stiamo zitti dicono che stiamo scomparendo, se parliamo dicono "rieccoli" e ci puntano il dito contro. Si mettano d'accordo anche loro». Stavolta però Fini ne è uscito come il grande difensore delle istituzioni... «Sì, ma a che prezzo...», dice Alemanno e poi fa un ghigno strano, un sorriso intriso di malinconia. Già, appunto, a che prezzo? «Al prezzo delle gravi polemiche nel centrodestra». Laura Marsilio, assessore alla Scuola, lo vede e si fonda subito a cambiare argomento: «Gianni, posso aggiungere un paio di cose sul viaggio delle memoria?». Lui fa sì con il mento, si volta definitivamente e si siede in poltroncina nel verso di marcia. La campagna è quasi finita, il sole illumina già le prima case di Pola.