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«Ora vogliamo un colloquio con il Pontefice»

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A puntualizzarlo è stato il superiore della Fraternità sacerdotale San Pio X, monsignor Bernard Fellay, che sottolinea come il decreto sia «volontà del Papa» e denuncia una vendetta «progressista» contro Benedetto XVI e i lefebvriani. «Abbiamo detto fin dall'inizio, senza ambiguità, che domandavamo (il decreto, ndr) come gesto di Roma per ricostruire, per cominciare un clima di confidenza. Evidentemente in questo senso domandavamo a Roma, come dire, un movimento proprio, un motu proprio, che suppone un gesto unilaterale, senza concessioni e senza accordo», afferma Fellay in un'intervista video visibile sul sito francese della fraternità. «Effettivamente così è avvenuto da parte di Roma, o, meglio, del Papa, perché è veramente la volontà del Papa che si trova in questo atto». Una decisone che lascia comunque qualche scia di rammarico visto che era stata chiesta «l'annullamento della scomunica» e non, come è stato, «la sua revoca» Quanto all'intervista del vescovo negazionista Williamson alla tv svedese, Fellay definisce «strana» la sua pubblicazione a ridosso della revoca della scomunica. «C'è una coalizione di tutto quel che è progressista o di sinistra», che «usa le parole sfortunate di monsignore» per «far pressioni sul Papa in una vendetta per obbligare Roma a rinunciare alla revoca della scomunica. Quanto ai «colloqui necessari» che ora dovranno aver luogo tra Santa Sede e lefebvriani «è quello che domandiamo»", afferma Fellay. «La chiesa è in crisi. Il principio di soluzione è la purificazione del pensiero sulla dottrina della Chiesa, fortemente incupita, riempita di ambiguità e di termini flou, che hanno causato quello che vediamo». Intanto il Papa, alla conclusione del concerto, ha pregato Dio di vegliare su di lui e sullo stato della Città del Vaticano, ricordando proprio Papa Ratti che volle stipulare con l'Italia dei patti che ponessero fine alla "Questione Romana": «Pio XI nell'annunciare la firma dei Patti Lateranensi e soprattutto la costituzione dello Stato della Città del Vaticano, volle ricorrere a un'espressione di san Francesco d'Assisi. Disse che la nuova realtà sovrana era per la Chiesa, come per il Poverello, "quel tanto di corpo che bastava per tenersi unita l'anima"».

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