Fabrizio dell'Orefice f.dellorefice@iltempo.it Quando ...
Il Cavaliere vede i giornalisti che lo attendono all'ascensore, fa un sorriso di circostanza. «Come è andata? Con Obama tutto benissimo», e sorride. No, come è andata con Fini? insistono i giornalisti. E lui si fa più buio: «È andata benissimo». E insiste: «È come per quello che hanno scritto su di me e il capo dello Stato: non c'è mai stato nessun contrasto, non c'è stato nessun contrasto con Napolitano. Sono, come al solito, i giornali che scrivono il contrario della realtà». Poi s'infila nell'ascensore e dal finestrino fa segno con il pollice in sù, come per dire che è tutto ok. E via, va a Palazzo Chigi. E quella sarà la linea che assumeranno i fedelissimi del premier. Non solo quelli di Forza Italia ma anche uno come Ignazio La Russa che per un piccolo pezzo assiste all'incontro tra il capo del governo e il principale inquilino della Camera che avviene proprio nello studio di Fini al termine della cerimonia di commemorazione di Pinuccio Tatarella, a dieci anni dalla sua scomparsa. Ma proprio quello che è accaduto nell'attigua sala della Lupa fa capire tutt'altro. Berlusconi arriva e saluta tutti, Fini non stringe la mano a Gasparri. Il Cavaliere si va a sistemare in prima fila, aveva già fatto sapere di non volersi sedere sul palco. Fini lo invita comunque a salire, ma lui rifiuta. Non potrà invece resistere all'invito di prendere la parola e di mostrare un certo fastidio nell'aver appreso che in un libro che viene distribuito in sala è contenuto anche un suo intervento. Riprende posto in platea e mentre parla D'Alema, s'addormenta. Sì, proprio dorme. Quello che gli ricorda che le riforme «vanno fatte con condivione» e Berlusconi mantiene gli occhi chiusi. Quello gli ricorda l'importanza delle assemblee elettive, Fini annuisce con il capo, e il premier ronfa. Il copione resta quello. Baffino insiste, Fini fa su e giù con il capo, dipendesse da lui sottoscriverebbe, e Berlusconi s'appisola. Si rianima e soffre. Soffre a star seduto a sentir tutte quelle parole. Sbatte i piedi, stende le gambe, si mette le mani in faccia, si stropiccia gli occhi. Si muove, si stende in avanti. Come se fosse seduto sui carboni ardenti. Non ci sta. Insomma, non ci sta a sentire quelli che lo vogliono imbrigliare, che hanno da ridire. Si sente che in sala c'è tensione. Sicuramente Tatarella non avrebbe voluto essere ricordato così. Berlusconi si risveglia solo quando sente parlare Roberto Maroni che ricorda come anche negli anni di maggiore rottura tra Lega e Polo proprio Pinuccio mantenne i contatti consapevole che prima o poi si sarebbe tornati tutti assieme. Il premier annuisce e guarda il presidente della Camera. A rompere il ghiaccio ci pensa Gennaro Malgieri che chiede «un Pdl che abbia un'anima». Tutti si guardano attorno, Berlusconi resta con un sorriso misto a fastidio. Nel successivo incontro nello studio di Fini, i due restano da soli, chiedono ai collaboratori di restare sull'uscio. Ma il clima, pare di capire, resta cordiale. L'ex vicepremier ribadisce le cose che ha già detto in pubblico e che anche D'Alema s'è capito condividere. E cioè che le riforme si fanno d'accordo con l'opposizione, che il Capo dello Stato non si può attaccare. Berlusconi è più che accondiscendente. Si parla del caso Eluana: «È stato uno sbaglio cercare lo scontro istituzionale», ribadisce Fini. «Non era nelle mie intenzioni, ma non si poteva far morire Eluana», ribatte Berlusconi. E allora, dopo il no del Quirinale, perché non scegliere subito la via del ddl? «Gli italiani comunque avrebbero saputo come la pensavi e che avevi fatto il massimo per salvare la vita a Eluana», insiste Fini «È stata una questione di principio dopo la lettera di Napolitano, che avrebbe creato un precedente», spiega Berlusconi con voce soave. Accade sempre così. Spiega uno dei big di An: «I problemi iniziano un minuto dopo, ognuno va per la sua strada». Di certo Fini e Berlusconi si rivedranno a breve, al massimo tra dieci giorni, per mettere a punto anche gli ultimi passaggi verso la nascita del Pdl. Fatto sta che dopo poco per il Cavaliere arriva un'altra mazzata, stavolta da Bossi (che pochi giorni fa è stato a pranzo da Fini): «Il presidente della Repubblica - dice il leader del Carroccio - è una figura di garanzia, ed è giusto che ci sia un equilibrio dei poteri». E ancora: «Non ho mai sentito Berlusconi dire che voleva cambiare la Costituzione». Nel caso per dare più poteri al premier. Se non c'è un asse Fini-Bossi-D'Alema ormai poco ci manca.