Il Pd rischia l'eutanasia. Divisi persino sulla vita

Inutile negarlo, perché persino nella sua drammaticità estremamente politica. Non c'è da essere compiaciuti ma solo da registrare ciò che è accaduto. Ieri Francesco Rutelli ha detto che, pur tra mille dubbi, avrebbe votato il disegno di legge voluto da Silvio Berlusconi che vieta l'interruzione dell'alimentazione a chi non è in grado di curarsi da solo. Pier Luigi Bersani, dello stesso partito e sfidante di Veltroni, ha affermato: «Un paese dove il governo legifera solo per decreti e il Parlamento è convocato dal governo solo per approvarli non è una democrazia ma una dittatura». Ora, non c'è nulla di scandaloso che su una questione etica e per giunta così complessa e complicata come il caso Englaro un partito abbia opinioni diverse. Ciò che appare invece sorprendente è il fatto che il Pd sia spaccato come una mela decisamente a metà. Dimostrando come al suo interno ci siano due anime che sarebbe volgare ridurre a laici e cattolici. Ci sono due anime, due storie politiche, due mondi che non si sono fusi. O certamente si sono compenetrati molto meno di quanto sia avvenuto nell'analogo processo a destra. Nel Pdl, infatti, al disegno di legge si sono levate solo un paio di voci contrarie peraltro fisiologiche in una vicenda come questa. Tutto si è evoluto in maniera differente nel Pd. O quel che ne resta. Perché anche ieri, e in maniera più grave e più drammatica, sono emerse anche una maggioranza e una minoranza che, appare di capire, non lavora in un'unica direzione. No, hanno due idee di partito diverse. Contrapposte. E due idee del mondo diverse. Le divisioni sono state forti, radicali. Tanto che Beppe Fioroni, cattolico e veltroniano, aveva messo le mani avanti: «Il riconoscimento di un orientamento prevalente senza voto e l'affidamento alla libertà di coscienza è un elemento indispensabile». Subito dopo l'annuncio della morte di Eluana si sono sono accese nuove divisioni. Veltroni ha dettato la linea: «Questa drammatica vicenda dimostra come sia necessaria, in tempi brevi, una legge giusta sul testamento biologico che il nostro Paese attende da troppi anni». Che era poi quella che con la concitazione del momento aveva annunciato in aula la capogruppo Anna Finocchiaro. E che con assoluta pacatezza Arturo Parisi aveva smentito almeno per quello che lo riguarda: «Se, come è stato detto dai dirigenti del Pd, la scelta sul voto di domani è affidata alla coscienza dei singoli parlamentari perché là cerchino, nel silenzio, nel rispetto e nella responsabilità le sue radici, là deve restare. Trovo inaccettabile la dichiarazione che leggo attribuita alla presidente Finocchiaro che il gruppo Pd voterà no, lasciando alla coscienza di qualcuno la possibilità di proporsi come eccezione ad una regola, come deviazione tollerata da una decisione collettiva». Il risultato finale è che ieri sera il Pd non sapeva ancora se andare in piazza o no oggi pomeriggio. Non sapeva ancora che decisioni prendere. Tutto ciò spiega come sia stato possibile che nei sette anni degli ultimi tredici in cui il centrosinistra è stato al governo non è riuscito a legiferare sui temi etici. E non è riuscito a mettere mano nemmeno alle parti che riguardano i diritti civili. E forse, in maniera più vasta, spiegano al fondo anche perché il centrosinistra nelle due occasioni che ha avuto al governo del Paese non è riuscito a mantenere un esecutivo per più di ventiquattro mesi.