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Italia in affanno, Parlamento lento

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E questo nonostante Camera e Senato siano diventati votifici. Quando votano, visto che si esprimono sono per tre giorni alla settimana. Il caso Eluana, e non solo quello, dimostra come la politica sia anzitutto fuori tempo massimo. Con situazioni che sfociano nel ridicolo o comunque sono difficilmente comprensibili dal grande pubblico. Il Senato che non si può riunire nel week end per fermare la corsa verso la morte della ragazza di Lecco, perché è necessaria l'unanimità nella conferenza dei capigruppo. O la grandi fanfare che annunciavano il pacchetto sicurezza approvato in sessanta giorni, eravamo nel luglio scorso e in settimana è passato a Palazzo Madama; deve ancora andare alla Camera. Grandi emergenze, risposte trionfanti, e tutto si ferma dopo poco. Lo scollamento tra Palazzo, inteso in senso lato, e politica. Ormai siamo al dilagare della giustizia fai da te. Tre giorni fa a Roma un nuovo caso di tentativo di linciaggio nei confronti - stavolta- di romeno ubriaco che con un'auto rubata ha ucciso una persona e gravemente ferito un'altra. Dopo l'assalto agli stupratori di Guidonia. E dopo una lunga sfilza di casi di cittadini che decidono di farsi giustizia a calci e pugno. Tutto si tiene, in fondo. Basta spulciare i dati. Per fare una legge, come ha ricordato pochi giorni fa il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito, occorrono 374 giorni. Più di un anno. Questo governo, a fine gennaio, aveva presentato alle Camere 32 decreti, 26 sono stati approvati e converti in legge. Se si guardano i disegni di legge i dati fanno cadere le braccia: 25 testi varati dal consiglio dei ministri, solo cinque hanno ottenuto il via libera di Camera e Senato. Tra quelli che attendono l'ok per diventare esecutivi ci sono appunto provvedimenti che erano in cima alle preoccupazioni dell'esecutivo. E degli italiani.   Così il 21 maggio il ministro dell'Interno Roberto Maroni annuncia: «Entro luglio sarà approvato il pacchetto sicurezza». Ha appena finito il suo percorso a Palazzo Madama e ora comincia a Montecitorio. Almeno è stato approvato un emendamento che elimina la possibilità della concessione degli arresti domiciliari o della libertà provvisoria agli stupratori. Ma il timore è che alla Camera tutto sia più lento. Per questo, spiega Vincenzo Piso (uno dei deputati Pdl romani tra i promototi dell'iniziativa), «abbiamo avviato anche una mozione popolare raccogliendo firme nelle principali piazze della Capitale. Speriamo che consenta di accelerare i lavori». L'idea è anche di non concedere attenuanti agli omicidi in stato di ebrezza. Altro tema, altro problema, stessa situazione. Il 18 giugno il ministro delle Pari Opportunità fa passare in Consiglio dei ministri il disegno di legge che introduce il reato di «atti persecutori» o anche stalking. Serve a prevenire la violenza sessuale che in molti casi può essere preceduta da persecuzioni. La donna insomma, prima di sporgere querela può chiedere al questore di procedere con un ammonimento verbale nei confronti del persecutore. «Mettiamo l'Italia al passo con gli altri Paesi che hanno già legiferato in proposito», spiegava in quel caldo giugno la Carfagna. Il testo è in commissione al Senato. È estate. Esplode l'emergenza prostituzione. Il governo prova a correre ai ripari e mette mano a un nuovo disegno di legge. Se ne parla a luglio, poi si rinvia. Se ne parla per tutto agosto. A settembre, tra mille polemiche, il varo sempre a firma Carfagna: vendere sesso nei luoghi pubblici sarà reato; chi vuole esercitare la prostituzione dovrà riparare al chiuso; per i trasgressori - sia lucciole sia clienti - ci sono multe e carcere. È stato assegnato alle commissioni del Senato e lì giace. Infuria un altro dramma, riguarda la droga. Sempre più spesso sostituita dai cosiddetti «precursori»: colle e solventi. L'esecutivo ci mette la testa e vara una legge delega sempre a inizio settembre: il testo è nei cassetti delle commissioni competenti a Palazzo Madama. E così si sono perse anche le notizie del Garante per l'infanzia. E non sono solo le donne o i bambini ad attendere. Ma anche le imprese. Collegato alla Finanziaria viene varato un disegno di legge Sviluppo, chiesto a gran voce dalle categorie, è stato licenziato dalla Camera il 4 novembre ed è approdato in commissione Industria al Senato solo il 17 dicembre. Non è proprio una sciocchezza visto che è un testo che prevede il ritorno all'energia nucleare e anche misure più urgenti. In particolare il rafforzamento della «dote» della social card viene rinforzata dal gruzzolo che arriva dai proventi delle multe dell'Antitrust. Se ne parlerà, se tutto va bene, a marzo.  

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