Fmi: in recessione fino al 2010

Ci sono anche alcune luci come la tenuta del sistema bancario al confronto con altri paesi europei, ma il Fondo è sotanzialmente pessimista. Anzi arriva a prospettare, «se le stime di crescita dovessero peggiorare significativamente», la necessità di «un pacchetto di ulteriori aiuti», rimpolpando il decreto anti-crisi varato dal Governo. Il Fmi pronostica un'uscita ancora lontana dalla recessione iniziata quasi un anno fa: secondo il team di economisti guidato da Arrigo Sadun - direttore per l'Italia del Fmi - ci aspettano ancora due anni di crescita negativa, con il Pil 2009 in calo del 2,1% e quello 2010 dello 0,1%. «Non si può escludere una flessione prolungata». Numeri in linea con quelli della Ue e di Bankitalia solo fino al 2009, mentre per il 2010 - scrive lo stesso Sadun in una nota di commento - il quadro disegnato dal Fmi «contrasta con la convinzione di un recupero generalizzato dell'economia globale e con le più recenti proiezioni per l'economia italiana della Commissione europea e della Banca d'Italia che prevedono, entrambe, una ripresa nel 2010». Insomma ripresa «lenta e debole» - si legge nel documento di oltre 70 pagine - per un Paese le cui debolezze strutturali, in particolare «rigidità, mancanza di concorrenza, limitato spazio per una risposta fiscale», sono colpite duramente dai riflessi della crisi finanziaria ed economica globale. Non mancano gli apprezzamenti. Sadun osserva che l'economia italiana, pur colpita dalla recessione globale, «è riuscita ad evitare le ripercussioni più gravi della crisi finanziaria», mitigando l'impatto della crisi grazie alla «prudenza nei procedimenti bancari e al livello relativamente basso del debito delle famiglie e delle aziende». Ma le autorità italiane hanno davanti un sentiero molto stretto: bisogna far «slittare» il consolidamento dei conti previsto per quest'anno, attraverso «misure tempestive, mirate e coordinate», ad esempio rilanciando la spesa per infrastrutture. Allo stesso tempo occorre però tenere a bada l'alto debito pubblico. Perchè nel medio termine bisogna tornare a risanare i conti pubblici e, se possibile, agire sul welfare e accelerare sulle liberalizzazioni e le riforme del mercato del lavoro, agendo su una produttività anemica che è all'origine della «mancanza cronica di crescita». Il trend del debito pubblico si è invertito: dal 105,7% del Pil del 2008, quest'anno tornerà a salire al 108,2%, sfiorando il 110% (109,7%) l'anno prossimo. Il rapporto deficit/Pil quest'anno balzerà al 3,9%, mettendo l'Italia assieme ai partner di Eurolandia che già hanno sforato il tetto del 3%. Certo le politiche fiscali sono «notevolmente» migliorate negli anni - spiega il Fmi - ma «in modo insufficiente per aggiustare le fragile finanza pubblica».