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Il Quirinale smorza i toni

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Il film della giornata comincia così: Napolitano invia una lettera del tutto informale al premier. Lo fa mentre a palazzo Chigi era in corso il Consiglio dei ministri, con sul tavolo anche il decreto legge per bloccare i medici di Udine: «Non sussistono le ragioni di necessità e di urgenza», spiega nella missiva Napolitano che comunque si rivolge solo a Berlusconi, e non a tutto il governo, e gli dà del tu a sottolineare il tono non ufficiale. Più tardi, però, il via libera dal Consiglio dei ministri al provvedimento arriva ugualmente. Dura poco l'attesa per la risposta del capo dello Stato. Con una seconda lettera al Cavaliere, questa volta ufficiale e protocollata, comunica la sua decisione. Napolitano non si è limitato a dire che non avrebbe firmato il decreto ma ha ampiamente motivato il suo orientamento spiegando di essere guidato, pur in una vicenda «dolorosissima» come quella di Eluana, dalla Costituzione, di assolvere una funzione di «garanzia istituzionale» e di avere alle spalle cinque casi di altrettanti presidenti della Repubblica che, non a caso con una lettera, hanno detto no ad alcuni decreti legge. Poche righe, ma significative. L'apice di una lacerazione tra il Colle e palazzo Chigi, nell'aria già da qualche giorno. «Napolitano si è sentito sfidato e ha reagito - spiegano dagli ambienti del Quirinale -. La lettera inviata ieri mattina a Berlusconi non voleva lo scontro. Anzi. Basta leggere le ultime righe, dove Napolitano auspica una soluzione della questione senza alcun contrasto». Ecco perché la mossa del Cavaliere di leggere pubblicamente la lettera, lo avrebbe proprio spiazzato. Nei giorni scorsi, quando si è diffusa la notizia del governo a lavoro su un decreto per salvare Eluana, Napolitano ha manifestato da subito il suo pensiero. Combattuto, certo. Ma fermo sulle sue posizioni. La diplomazia del Quirinale si è messa all'opera. Contatti costanti con il governo e con il grande mediatore, il solito Gianni Letta, l'incontro al Colle con il leader dell'opposizione Walter Veltroni, i dubbi lasciati trapelare sulla costituzionalità di un decreto di questo tipo e, infine, la lettera. Il testo del decreto era stato sottoposto da Gianni Letta all'attenzione del segretario generale del Quirinale, Donato Marra. E la risposta era stata chiara. Sul Colle lo sottolineano come a voler ricordare che un parere sul testo era stato chiesto da Palazzo Chigi. Quando, nel bel mezzo del Cdm di ieri, è trapelata la notizia della lettera scritta dal capo dello Stato al premier si è capito che tutti i tentativi di evitare il decreto a vantaggio della via parlamentare erano falliti. Il presidente ha seguito dal suo studio alla Palazzina del Quirinale la conferenza stampa di Berlusconi e oltre a rivendicare «l'incostituzionalità» del decreto è rimasto non poco rammaricato dalla sostanza e dalla forma dell'agire dell'esecutivo. L'irritazione del Capo dello Stato ora è palpabile. Berlusconi tira dritto e meno di tre ore dopo il no di Napolitano al decreto, riunisce il Consiglio dei Ministri per approvare un disegno di legge. Anche un ddl, per essere valido ha bisogno della firma del capo dello Stato. Stavolta, autorizzazione ottenuta. Lunedì il prossimo round.

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