Di Pietro resta solo a protestare
Antonio Di Pietro, il giorno dopo la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Roma sull'ipotesi di reato di vilipendio contro il presidente della Repubblica, va all'attacco e chiede a Giorgio Napolitano di non firmare il ddl sulle intercettazioni una volta che sarà approvato dalle Camere. «Adesso che arriva al capo dello Stato - dice l'ex pm - il provvedimento sulle intercettazioni che qui in Parlamento voteranno tutti per alzata di mano come i soldatini, si chieda il capo dello Stato se è costituzionale o no». Parole che il Pdl rimanda al mittente. «Di Pietro persevera nel mancare di rispetto alla prima carica dello Stato», dice il responsabile Giustizia di Forza Italia Giuseppe Gargani. Anche il Pd, che pure con Piero Fassino apre al confronto sulla riforma della giustizia («perché non sia anti-pm»), è contrario al ddl che definisce «ammazza-indagini», ma critica il coinvolgimento anzitempo di Napolitano quando il testo è ancora in esame. Il centrodestra, dall'altro lato, difende il testo; il premier Silvio Berlusconi ribadisce che «finora si è fatto un abuso» delle intercettazioni, mentre il reggente di An Ignazio La Russa dice che è «giusto impedire ai magistrati la "pesca a strascico"». L'iter del ddl intanto prosegue a Montecitorio e ieri, allo scadere del termine per i sub-emendamenti alla nuova proposta del governo, le richieste di modifica presentate erano 120.