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Il Pd chiede le dimissioni di Cosentino e si dilegua

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L'ordine del giorno, infatti, prevede il seguito della discussione della mozione presentata dal capogruppo Pd Renato Soro e sottoscritta dai suoi vice Marina Sereni e Gianclaudio Bressa, dai deputati Democratici Pasquale Ciriello e Laura Garavini, oltre che dai capigruppo dell'Idv Massimo Donadi e dell'Udc Michele Vietti. Insomma l'opposizione compatta è scesa in campo. Perché? Per chiedere le dimissioni del sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Nicola Cosentino. La storia è abbastanza nota. Cosentino è stato accusato da alcuni pentiti di aver avuto rapporti con la camorra. La mozione, in realtà, dopo aver citato un articolo dell'Espresso, spiega che «le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia non possono di per sé sole dimostrarne la colpevolezza». Ciò nonostante siccome secondo notizie di stampa la procura della Repubblica di Napoli avrebbe iniziato un procedimento penale nei confronti del sottosegretario, per l'opposizione sarebbe opportuno che il governo lo invitasse «a rassegnare le dimissioni». Come da prassi, il governo esprime il proprio parere (contrario) e i rappresentanti dei gruppi prendono la parola per dichiarazioni di voto. Il Pd, con Garavini, ribadisce la richiesta. Si vota. Ed è a questo punto che si consuma il colpo di scena. Il deputato democratico Francesco Tempestini annuncia la propria astensione. I presenti scendono velocemente da 487 (tanti avevano votato poco prima la mozione presentata dal capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto ndr) a 407. Gli astenuti salgono a 33. Il partito che conta più defezioni è proprio il Pd e la cosa è piuttosto curiosa visto che è in discussione un testo che ha come primo firmatario il capogruppo Soro (alla fine la mozione verrà respinta con 236 no e solo 138 sì ndr). Ma soprattutto non si tratta di un caso. Basta scorrere l'elenco delle votazioni. Gianclaudio Bressa e Marina Sereni ad esempio, cofirmatari della mozione, lasciano l'Aula al momento del voto e non torneranno più. Cause di forza maggiore? Forse. Certo, i due sono in buona compagnia. Stessa cosa, infatti, accade tra gli altri a Massimo Calearo, Luigi Bobba, Olga D'Antona, Giuseppe Fioroni, Enrico Gasbarra, Linda Lanzillotta, Maria Paola Merloni. Solo per citare i più famosi. A questo punto, però, qualcuno potrebbe obiettare: magari erano comunque assenti e il «pianista» che votava per loro non è riuscito a spingere il pulsante. Ottima obiezione. Per questo, forse, vale la pena concentrarsi su chi, in quelle ore, ha saltato quella votazione e poco altro. Anche qui i big non mancano: da Pierluigi Castagnetti a Enzo Carra, da Donatella Ferranti a Roberto Morassut, da Alessia Mosca ad Enrico Letta. Obiezione pronta: magari erano al bagno e non sono rientrati in tempo per votare. Bene. Ecco allora la lista degli astenuti. Oltre ai sei Radicali eletti nelle fila del Pd, non si sono espressi sulle dimissioni di Cosentino: Ileana Argentin, Giovanni Bachelet, Francesco Boccia, Paola Concia, Gianni Cuperlo, Pierangelo Ferrari, Roberto Giachetti, Dario Ginefra, Antonio La Forgia, Marianna Madia, Pierluigi Mantini, Alessandro Maran, Cesare Marini, Arturo Parisi, Fausto Recchia, Amalia Schirru e Andrea Sarubbi. E non basta. Perché, con buona pace di Soro, Cinzia Capano e il tesoriere degli ex Ds Ugo Sposetti hanno addirittura votato contro. Certo, anche Idv e Udc hanno registrato defezioni. I centristi, in particolare, si sono equamenti divisi tra favorevoli, assenti e contrari. Anche se spiccano le defezioni di Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa (tornati in Aula per i voti successivi). In ogni caso, a far scalpore sono soprattutto le assenze democratiche. Tanto che il coordinatore di Sinistra Democratica Claudio Fava tuona: «Evidentemente anche la lotta alle mafie è diventata miserabile merce di baratto tra il Pd e Berlusconi, in cambio della nuova legge elettorale per le europee. Alla mozione di sfiducia presentata contro il sottosegretario Cosentino, accusato da 5 pentiti di collegamenti con la camorra, quasi cento deputati dello stesso Pd hanno scelto di non votare. Una vergogna politica e un insulto al Paese». Ma c'è chi dice che quello dei Democratici sia stato solo un moto di garantismo. In fondo c'è ancora chi pensa che non basti un articolo di giornale per condannare una persona.

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