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I problemi tra Chiesa ed ebrei

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È sì vero che gli organi della Chiesa si sono pronunciati tutte le volte che si rendesse necessario sciogliere dubbi circa gli atteggiamenti antisemiti sorti in ambienti cattolici, e che, da ultimo, il presidente della Cei, cardinal Bagnasco, ha manifestato «il disappunto» per le «infondate e immotivate dichiarazioni di uno dei quattro vescovi lefebvriani circa la Shoah». Ma tutto ciò, mentre si celebrava la giornata della memoria, non è stato per nulla sufficiente per fugare le tragiche ombre del passato che hanno ripreso a circolare in Europa e in Italia. Una recente indagine ha rivelato che il 44% della popolazione italiana mostra qualche pregiudizio o atteggiamento ostile agli ebrei: con il 10% che condivide gli stereotipi classici antiebraici per cui «gli ebrei sono italiani fino a un certo punto»; l'11% che manifesta il pregiudizio per cui «gli ebrei sono ricchi e potenti, controllano e muovono la politica, i media e la finanza»; e il 12% che ritiene che «gli ebrei strumentalizzano la Shoah per giustificare la politica di Israele». Pregiudizi tutti che, in diverse gradazioni, pervadono quasi tutti gli orientamenti politici con particolare accentuazione tra la sinistra estrema e la destra religiosa tradizionalista. Si aggiunga che a Roma uno sciagurato gruppo ha chiesto di boicottare i commercianti ebrei, e in Olanda due deputati socialisti hanno inneggiato ad Hamas e alle camere a gas, proprio nel momento in cui sulla scena internazionale si diffonde il messaggio dei fondamentalisti islamici i quali, sulla scorta del presidente iraniano Ahmadinejad, negano la Shoah e vogliono la distruzione di Israele. Certo, un conto è l'anti-sionismo (l'avversione all'idea che è all'origine di Israele), un altro l'anti-giudaismo (contro la religione ebraica), e un altro ancora l'anti-semitismo (il pregiudizio razziale), per non parlare del negazionismo che contesta la verità dell'Olocausto. Ma tra questi atteggiamenti spesso v'è continuità, per cui talvolta l'antisionismo maschera l'antisemitismo, e il pregiudizio razzista serve solo per non confessare idee ben più gravi. È in questo quadro tutt'altro che rassicurante che le prese di distanza della Chiesa, per quanto apprezzabili, non riescono a trasmettere quel forte messaggio di cui oggi c'è più che mai necessità. Uno dei leader mondiali ebraici, Efraim Zuroff, ha notato come la vicenda Williamson «sia uno scandalo gravissimo, un tremendo passo indietro nel rapporto tra Vaticano ed ebrei per cui Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II fecero tanto e per tutta la civiltà». E il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, ha perciò auspicato con decisione che «vi sia una smentita delle tesi negazioniste in modo che sia chiarito ogni dubbio». Massimo Teodori

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