I lefebvriani chiedono scusa al Papa
Ed era prevedibile che ciò accadesse, perché le tesi revisioniste e negazioniste del prelato lefebvriano, che in un'intervista ha affermato di non credere all'esistenza delle camere a gas, non potevano che suscitare le reazioni indignate del mondo ebraico, e non solo. La replica della Chiesa Cattolica è subito arrivata, chiara e forte. È stato il cardinale Angelo Bagnasco, nella sua prolusione al Consiglio permanente della Cei di lunedì, a precisare la posizione dell'episcopato. Il capo dei vescovi italiani ha espresso dispiacere per le dichiarazioni di Williamson circa la Shoah, aggiungendo però che si tratta di opinioni manifestate mesi fa, nonché ripudiate dalla stessa Fraternità di Pio X. Ma ciò non è bastato a frenare lo scompiglio di dichiarazioni incrociate e risentite, poiché Bagnasco ha anche definito «ingiuste» le parole pronunciate dagli ebrei italiani nei confronti del Papa. Certo, la condanna delle affermazioni del vescovo lefebvriano da parte della Chiesa è stata netta. Tuttavia questo non ha impedito a molti osservatori di obiettare sul modo in cui la vicenda è stata gestita sotto il profilo diplomatico dalla Santa Sede, specialmente nei giorni in cui si ricorda l'Olocausto e si rende omaggio alle vittime dello sterminio nazista. Per cercare di chiudere la vicenda la sala stampa della Santa Sede ha diffuso ieri sera una dichiarazione di monsignor Bernard Fellay, Superiore della Fraternità San Pio X, che stigmatizza le dichiarazioni di Williamson e chiede perdono «al Sommo Pontefice e a tutti gli uomini di buona volontà, per le conseguenze drammatiche di tale atto». «Benché noi riconosciamo l'inopportunità di queste dichiarazioni - si legge nella nota dei lefebvriani -, noi non possiamo che costatare con tristezza che esse hanno colpito direttamente la nostra Fraternità discreditandone la missione. Le affermazioni di monsignor Williamson non riflettono in nessun caso la posizione della nostra Fraternità. Perciò io gli ho proibito, fino a nuovo ordine, ogni presa di posizione pubblica su questioni politiche o storiche». Ma il gesto della Santa Sede non è bastato per placare gli animi. Immediata è arrivata infatti la replica del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni: «Mi sembra che il termine "inopportuno" utilizzato da Fellay sia assolutamente improprio rispetto all'enormità della Shoah. Non basta mettere a tacere il singolo negazionista: vorrei sapere con molta chiarezza qual è il pensiero dei lefebvriani sulle affermazioni del Concilio Vaticano II a proposito degli ebrei. Il problema è costituito da quello che la Fraternità pensa effettivamente sulle dichiarazioni conciliari di apertura all'ebraismo e finché non si fa chiarezza resta aperto».