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Quattro gatti contro Fini Lui se ne frega, parla d'Europa

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Perché è vero che al suo arrivo alcune centinaia di studenti lo hanno aspettato per gridargli qualche prevedibile insulto («fascista», «buffone», «vergogna»), ma è al motivo della sua visita alla Sapienza che Fini tiene di più. Nell'aula del Senato Accademico svolge la sua lezione davanti a un pubblico ristretto (professori e studenti arrivati per l'inaugurazione di un master di Scienze politiche), ma molto impegnato a discutere di Europa, futuro e rapporti internazionali. Nel suo intervento il presidente della Camera parla dell'Europa «che deve riappropriarsi di un ruolo di protagonista attivo della storia, per poter incidere sulle relazioni internazionali e sullo sviluppo globale». Ne è convinto, il principale inquilino di Montecitorio: ognuno dovrà fare il suo dovere per «affrontare la crisi economica internazionale». È tempo di «ridefinire la natura dell'economia europea» perché l'Europa deve ricominciare a produrre, più che a far arricchire alcuni con la speculazione finanziaria. Fini parla anche di Obama: «Nelle parole del neopresidente americano riecheggiano temi antichi, vicini alla cultura europea dell'economia sociale di mercato. Sta agli europei riprendere questi concetti». Il presidente della Camera si appassiona, e trasgredendo al protocollo, accoglie l'invito del rettore Frati a rimanere, e risponde a braccio, alla fine della sua «lectio», alle domande che arrivano dalla sala. Parla delle prossime elezioni Europee, e senza tradire il suo ruolo istituzionale, si augura che nel futuro «i parlamentari europei siano più consapevoli, soprattutto quando si tratta di difendere gli interessi nazionali e quelli delle istituzioni europee. Non voglio giudicare la qualità e l'incisività degli interventi dei nostri rappresentanti a Strasburgo, ma è evidente che gli altri paesi della Ue hanno capito tutto prima di noi». Fini conclude il suo intervento ammettendo di «non essere uno studioso di politica internazionale», ma questo non gli toglie la voglia di confrontarsi con il mondo accademico perché proprio «l'università ha un compito importante: capire quello che verrà, ed essere di stimolo per la società intera». E allora, le contestazioni? Non contano, soprattutto se vengono da «un così scarso numero di studenti». Il bilancio è positivo, Fini è assolutamente soddisfatto del suo blitz all'Università, e la protesta? «Ampiamente prevista, anche per la scarsa partecipazione». Il rettore, Luigi Frati, concorda: «Gli studenti che hanno protestato erano meno dello 0,1 per mille del totale». Nonostante l'impassibilità di Fini, lo sguardo presbite delle agenzie di stampa ingigantisce la contestazione e le reazioni non tardano. Per la Gelmini «è inaccettabile quanto accaduto alla Sapienza», Cicchitto chiede che «l'autorità di polizia intervenga per identificare i responsabili», La Russa vuole che «la Questura di Roma ponga le basi per un intervento in grado di far rispettare le leggi». Anche il Partito democratico prende le distanze dagli studenti e con il portavoce Andrea Orlando assicura «solidarietà a Fini e no agli insulti». Il più tranquillo è rimasto Fini, «per nulla infastidito dalla protesta». Forse ripensa a quando Bertinotti, da presidente della Camara, fu contestato da un gruppo di studenti proprio alla Sapienza. Era il marzo del 2007, un episodio drammatico per il leader di Rifondazione, che veniva stroncato dalla sua stessa base. Ieri, per Fini c'erano solo pochi studenti a prendersi un po' di pioggia e partecipare a un rito stanco.

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