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Massimo Calearo imprenditore e deputato Pd racconta la sua scelta di scendere in politica e invita i colleghi: «Basta parlare del partito»

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«Prima leggevo i giornali economici, aggiungendo Unità e Repubblica. Ora invece comincio da quelli vicini al centrodestra e poi leggo gli altri. Da bravo veneto, studio la concorrenza». Il presidente della "Calearo group" (azienda vicentina leader nel campo delle telecomunicazioni), fa l'imprenditore nel weekend e il politico nel resto della settimana. Arriva a Montecitorio nel suo solito look impeccabile: abito grigio gessato, camicia bianca, cravatta rosa shocking, occhiali "Persol" neri. E ovviamente il suo orologio da svariati milioni di euro. Scusi ma uno come lei che ci fa nel Pd? «Non penso sia determinante come uno si veste per scegliere da che parte stare. Sono solo uno che cura il suo aspetto». Quindi nessun rimpianto? «No. Ne sono convinto ogni giorno di più». Sembra una risposta polemica. «Nessuna polemica. Semplicemente dico che sono uno spirito libero. In un partito, che pur con tanti problemi, resta sempre democratico, uno come me ci sta da Dio. In un partito molto strutturato, con un capo troppo capo, avrei qualche problema». In una intervista che fece l'anno scorso al Corriere della Sera lei disse: «Le elezioni le vinceremo noi, altrimenti non sarei qui a perdere tempo». Quindi ora sta perdendo tempo? «No, assolutamente. È evidente che se mi sono messo in gioco speravo di vincere. Ma da neofita sono contento di far parte dell'opposizione perché sto imparando a fare il politico». Poco credibile: sta dicendo che non le dispiace non essere nella maggioranza? Avrebbe lavorato di più. «Cosa vuol dire lavorare di più? Guardi che io sono sempre presente ai lavori parlamentari, lo può chiedere ai miei colleghi». Dalle sue parti gira voce che la sua vera natura sia di destra. Tanto da aver sempre fatto campagna elettorale per personaggi di quell'area. «Non è vero, non l'ho mai fatto. Tanti anni fa da FI mi chiesero di candidarmi per fare il presidente della provincia di Vicenza. Dissi di no. Non volevo fare politica». Poi però? «Poi ho cambiato idea perché volevo fare qualcosa di concreto per il mio Paese, e lo potevo fare solo in partito con certi presupposti». Quanto è contento di non avere in Parlamento personaggi come Caruso o Luxuria? «Sa in che posto siedo io in Aula?». No. «Al numero quattro, l'estrema sinistra dell'Aula. Proprio lì stavano quelli di Rifondazione. Ho chiesto di stare lì perché li ho mandati a casa. Sono fuori dal tempo». Per questo quando cadde il governo Prodi lei disse «Mastella santo subito»? «Non era per questo. Riguardava Vicenza. Facendo cadere il governo Mastella ha fatto in modo che l'onorevole Dal Lago, invece di candidarsi a fare il sindaco di Vicenza, si candidasse in Parlamento. Così il sindaco lo abbiamo preso noi del Pd». Che ne pensa di Gianfranco Fini? «Mi sembra che stia facendo molto bene il suo lavoro. Sta dimostrando di essere davvero super partes». Perché bacchetta il governo? «Non è facile ma è fondamentale». E voi del Pd siete contenti. «Qualche giorno fa un collega della Lega mi ha detto: "Sai qual è la nostra fortuna? Che voi siete deboli". Ha ragione». È vero che Veltroni le promise un ministero in caso di vittoria? «Altra falsità». Guardi che uscì dovunque, e poi lo disse anche Veltroni. «Se è per questo uscì anche che io avevo come suoneria del cellulare l'inno di Forza Italia. Era falsissimo». Magari ce l'aveva prima e poi l'ha tolta. Che suoneria ha adesso? «Ho dimostrato che era una bugia. Adesso in uno ho l'inno di Mameli, e nell'altro l'inno d'Europa». E se la promessa del ministero gliel'avesse fatta Berlusconi? «Difficile dirlo ora. Forse seguendo il cuore avrei accettato. Seguendo la testa avrei detto di no». Le piace la Lega, primo partito nella sua Regione? «La Lega è oggi l'unico partito che esiste in Italia, con una struttura ben radicata nel territorio». Quindi sta facendo bene? «No. Ha solo alcuni ministri che stanno facendo bene, vedi Maroni e Zaia». Che mi dice dei problemi giudiziari che avete in questo momento nel Pd? «Che esiste una regola a cui bisognerebbe attenersi sempre: si litiga nello spogliatoio, ma in campo si è una squadra. Ho chiesto l'altro giorno al nostro capogruppo Antonello Soro di imporre a tutti di smettere di parlare del partito con la stampa. Vedo tanti nel Pd fare karakiri da soli. Quindi, stia certa che nella sua intervista non parlerò male del mio partito». Perché qualche tempo fa ha detto: «Grazie a Dio non sono nel governo ombra?». «Secondo qualche mio amico io non sarò mai un pollo di allevamento, ma sarò sempre uno ruspante. In questo momento va bene così, sto imparando». Un altro pollo ruspante? «Mi viene in mente Galan (governatore del Veneto ndr). Politico fine e molto intelligente». In una puntata di "Domenica In" disse: «Se chiama Berlusconi io rispondo». Altra falsità mediatica? «Bisogna calare le cose nei tempi in cui vengono dette e capire i contesti. In quel momento si parlava di un preciso progetto, ma di certo non sarei andato a vendermi per una poltrona». E se lo facesse oggi? «Non ci penso proprio». Sarà. Ma nella sua Regione si fanno scomesse su quando passerà nel Pdl. «Lo so, ma si tratta di una favola metropolitana. Rimango dove sono». Dopo la sinistra radicale, chi manderebbe a casa dei parlamentari di oggi? «Tutti i maleducati». Ce ne sono tanti? «Eccome. I migliori sono nel Pd. A volte mi vengono i brividi quando penso a chi è passato in Parlamento, De Gasperi, Berlinguer, Zanone. E ora, invece...». Ora invece? Ci faccia qualche nome. «Non voglio fare nomi. Dico solo che se avessi potuto io avrei evitato l'alleanza del Pd con Di Pietro». Quindi la prossima epurazione parlamentare... «Non dipende da me. Io avrei fatto il patto dei democratici e non...Forse avremmo pure vinto».

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