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Tremonti cede sulle cifre della recessione «Prendo atto delle stime Ue sul Pil»

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«Penso recepiremo» questi numeri nel Programma di stabilità che sarà presentato nei prossimi giorni a Bruxelles, ha spiegato. Non senza una punta di veleno ha però aggiunto: «Oggi più che mai le previsioni di crescita sono congetture, ipotesi, terra incognita. Stesso siluro dunque indirizzato a Bruxelles ma con l'obiettivo di tornatre indietro dalla parti di via Nazionale. E comunque «un conto è avere l'obbligo di fare previsioni, un altro è crederci» ha aggiunto Tremonti che «prende atto» delle nuove previsioni economiche della Commissione europea, che per il 2009 indicano un'Italia a quota -2% sul fronte del Pil, con una ripresa dello 0,3% nel 2010. Il ministro dell'Economia si è detto soddisfatto per la valutazione che l'Ue ha dato dell'azione anticrisi portata avanti dal governo italiano, «valutandola una politica giusta» e caratterizzata da un«corretto equilibrio» tra la situazione dei conti e la necessità di intervenire a sostegno dell'economia reale. Sbagliato per Tremonti, puntare troppo sugli «stimoli» fiscali: «Se uno ha un attacco di cuore non gli curi le gambe. E le ragioni dell'attuale crisi non sono nell'economia reale, che è solo vittima di una crisi finanziaria». E il piano Obama? Nel giorno dell'insediamento del quarantaquattresimo presidente Usa, Tremonti ha ribadito: «La speranza è che il piano Obama basti. Ma la mia speranza non è riposta tanto sul piano, ma su Obama, sulla sua carica carismatica e simbolica». Tornando alle previsioni, il pensiero del ministro è noto. «A occhio confermo», dice riferendosi alle stime di Bruxelles. «Ma in un mondo che sta cambiando di continuo e con grande intensità chi può dire che nel 2010 cresceremo e di quanto cresceremo. Non è che uno scende dal monte Sinai con le tavole del pil...». «Noi - assicura Tremonti - andiamo su numeri di consenso, e per questo prima di presentare il Programma di stabilità abbiamo aspettato le nuove previsioni della Commissione europea». Anche se quel -2% nel 2009, rivela, «Bruxelles ce lo aveva già comunicato da almeno dieci giorni». «Non è che uno lo contesta», assicura: del resto, «significa tornare al 2005». Non al Medioevo, come rispose giorni fa commentando i numeri di Bankitalia. Il fatto - ha spiegato il ministro dell'Economia, è che «i meccanismi di previsione avevano un senso nella normalità. Ma ora il mondo è radicalmente cambiato. E se da un lato uno è obbligato a fare le previsioni, dall'altro è fuori del mondo crederci». Tremonti ha confermato anche che il deficit tornerà quest'anno sopra il 3% (per Bruxelles 3,8% nel 2009 e 3,7% nel 2010). Una «dinamica blanda» se confrontata con quella di molti Paesi che sforeranno il parametro di Maastricht in maniera molto più consistente. «Siamo nella parte bassa» della classifica dei disavanzi, ha detto, «con un andamento molto più lento che altrove e legato alle misure prese per fronteggiare il ciclo economico». E «se corretto per gli effetti del ciclo economico - evidenzia il ministro - il deficit italiano resta sotto il 3%». Dall'Ecofin è arrivato l'impegno a far sì che i deficit eccessivi rientrino al più presto nei ranghi di Maastricht, anche attraverso una «strategia coordinata». I piani anticrisi nazionali - hanno affermato i ministri finanziari dell'Ue - vanno rapidamente attuati, ma «ci sono dei limiti all'indebitamento dei governi». In questa fase, però, la preoccupazione vera dell'Ue è quella delle condizioni ancora difficili del credito a famiglie e imprese, nonostante i piani salva-banche. Per questo si chiede di «ripristinare subito il funzionamento dei flussi di credito», con le banche che devono tornare a fare pienamente il loro mestiere. Un problema che -ha assicurato Tremonti - non riguarda tanto l'Italia. «Gli istituti di credito cooperativo - spiega - hanno aumentato i finanziamenti alle imprese, e in particolare alle Pmi, di oltre il 14%». E per quel che riguarda il resto del settore bancario - aggiunge - «stiamo valutando se e in che misura vi sono forme di restrizione quantitativa del credito, o un appesantimento delle condizioni di garanzia o dei tempi per le decisioni».

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