L'industria italiana è ferma
Per entrambi gli indicatori si tratta del calo più significativo dal 1991, anno in cui iniziano le serie storiche statisticamente comparabili dell'Istat. Non solo. Fatturato e ordinativi sono precipitati sia sul mercato domestico sia su quello estero, segno di una crisi che colpisce l'industria italiana anche al di là dei confini nazionali. Il fatturato è, infatti, sceso del 13,1% in Italia e del 15,7% all'estero. Per gli ordini la caduta è stata invece del 26% sul mercato italiano e del 26,5% all'estero. La crisi non ha risparmiato nessun comparto industriale, le variazioni sono state infatti negative per tutti i settori, nessuno escluso, dai mezzi di trasporto ai mobili, dalla produzione di metallo alle industrie tessili. E nonostante l'intesa siglata dalla Fiat ieri con la statunitense Chrysler lasci ben sperare su una possibile riprese del made in Italy nel settore i dati sulla produzione di vetture non lasciano dubbi sulla durezza e sulla gravità della crisi. Il fatturato della produzione di autoveicoli è diminuito del 29,3% rispetto a novembre 2007 mentre gli ordinativi sono crollati del 31%. A soffrire non sono stati solo i beni di consumo, che, anzi rispetto agli altri raggruppamenti hanno quasi tenuto, ma soprattutto i beni intermedi (-15,9% il fatturato) i beni strumentali (-17,6%). Ed è proprio qui, secondo la Cgil di Guglielmo Epifani, che sta «il punto più pericoloso». Il fatto che siano sprofondati i manufatti e i semilavorati (dalle fibre tessili alle materie plastiche, dal legno ai prodotti chimici di base) insieme alle macchine e agli apparecchi meccanici, vera sostanza della produzione made in Italy, è la conferma, secondo Susanna Camusso, segretario confederale del sindacato di Corso d'Italia, che quella attuale «non è solo una crisi di mercato e di consumi, ma riguarda anche gli investimenti. Questo dimostra che la crisi non è solo congiunturale». Per questo non va affrontata «in modo congiunturale», con provvedimenti di emergenza, ma a livello strutturale. «Non si può far finta che la crisi non ci sia», ha insistito la sindacalista. Sulla stessa lunghezza d'onda anche Gianni Baratta, segretario confederale dalla Cisl: «La crisi - afferma - è strutturale, riguarda tutto il sistema produttivo italiano» e l'unica strada per uscirne è quella di adottare «manovre anticicliche puntando sul recupero competitività». I sindacati da parte loro, stanno lavorando sulla riforma del modello contrattuale, ma anche il governo deve metterci del suo. Secondo Paolo Pirani, segretario confederale della Uil, «bisogna reagire su due fronti: garantire la continuità del rapporto di lavoro e del reddito attraverso gli ammortizzatori e puntare su azioni di contrasto, su scelte di sviluppo a partire dagli investimenti pubblici». Tutti temi di cui si discuterà domani a Palazzo Chigi.