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Il lìder Maximo: sulla giustizia D'Alema detta la linea del Pd

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Invece l'ex ministro degli Esteri ha colto l'occasione per dare l'ennesimo colpo alla leadership di Veltroni. Ad oggi, infatti, è proprio D'Alema l'unico all'interno del Pd ad avere una linea chiara in tema di giustizia. Una linea che piace a Casini, ma non solo. Tra l'altro tutto questo accade proprio nel giorno in cui Francesco Rutelli incita Walter a fare il capo del partito dandogli addirittura un ultimatum di cinque mesi (il termine saranno le elezioni europee) per riportare il Pd al 30% dei consensi. E in un clima già abbastanza complicato all'interno del maggior partito dell'opposizione ecco che arriva D'Alema a rincarare la dose. Il tema è molto delicato, c'è già l'alleato scomodo, l'Italia dei valori di Di Pietro, che pone veti su veti sulla giustizia e le divergenze anche all'interno del Pd sono sensibili. E Baffino che fa? Si insinua e approfitta della situazione e al seminario voluto dalla Fondazione Italianieuropei, a lui vicina, e dalla Fondazione Liberal di Ferdinando Adornato, legata al leader Udc Casini, lancia la sua proposta. Una proposta che si rivolge direttamente all'esecutivo visto che, come sottolinea l'ex presidente della Camera alla fine del seminario, «la sfida del governo sulla riforma della giustizia va accettata, un'opposizione aventiniana sarebbe dannosa per l'interesse del Paese». Così prende vita un documento di 16 pagine che D'Alema, forse per placare i suoi, definisce: «Solo idee, un contributo che offriamo al dibattito politico e al Parlamento. L'obiettivo della proposta è quello di avere un sistema giudiziario più efficiente, che, innanzitutto, garantisca tempi ragionevoli per la giustizia civile; allo stesso tempo ci proponiamo di ordinare meglio il funzionamento del potere giudiziario, anche nel rapporto con gli altri poteri dello Stato». Tra le novità pensate ci sono: l'incarico a tempo per i pubblici ministeri, lo sdoppiamento del Csm e l'introduzione di un budget per le intercettazioni. Tutte proposte che non trovano per nulla d'accordo il ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia che, con freddezza, le definisce «un contributo tecnico al dibattito sulla giustizia». Anche perché, e non è certo un caso, non coincidono totalmente con quello che i Democratici hanno stabilito. Soprattutto per quel che riguarda il Consiglio superiore. «Sul Csm si può e si deve fare molto con legge ordinaria - spiega Tenaglia -. Noi proponiamo la riforma della legge elettorale, un numero di 30 componenti, la sezione disciplinare autonoma e altre misure sul potere di dare pareri al Parlamento e pratiche a tutela». Ma le novità turbano anche l'esponente ulivista del Pd Franco Monaco che tuona: «Discutere è sempre utile, ma nella chiarezza. Ci si dice che d'improvviso ci sarebbe convergenza sul fronte che sino a ieri registrava il massimo di divisione: la giustizia. Il Pd aveva fissato tre punti fermi. Se è cambiata la linea si dovrebbe discuterne nel Pd prima che con altri». Un contributo che invece D'Alema difende: «È stato scritto per arrivare ad una riforma condivisa. Ora il governo tenga conto delle proposte elaborate da un gruppo di politici di diversi partiti e di giuristi, che approfondiscono temi e idee offerti al confronto politico. Lo spero , perché sul processo civile, per esempio, il governo ha fatto una cosa abbastanza grave, con la delega che ha chiesto». Intanto, salvo sorprese, venerdì la riforma della giustizia approderà al Consiglio dei ministri.

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